Il Colle sfida i mercati e blinda la legislatura: il premier deve restare

Dalla Rassegna stampa

Niente anticipi, nessun voto antispread. Il differenziale con i Bund tedeschi decolla, ma mandare l'Italia alle urne in autunno, secondo il Quirinale, per ora è impensabile. «Non ci sono nemmeno le precondizioni», spiegano. Cioè, non c'è l'accordo tra i partiti per trasformare la «maggioranza strana» ABC in una maggioranza politica e, almeno per il momento, non c'è nemmeno uno straccio di intesa sulla riforma elettorale.
Mario Monti deve quindi deve andare avanti fino alla primavera del 2013. Il capo dello Stato continuerà a sostenerlo con tutte le sue forze.
L'idea del Professore era quella di sterilizzare otto mesi di campagna elettorale, di scontri politici interni e di conseguenti attacchi della speculazione internazionale giocando d'anticipo e spedendo all'estero un segnale di coesione nazionale: ci sono dubbi sugli equilibri futuri in Italia? E noi mettiamo in piedi in fretta un governo di larghe intese, capace se occorre di imporre misure più dure. Tra l'altro ad aprile, se continua di questo passo, Pd, Pdl e Udc rischiano di non arrivare al 50 per cento. Ma per varare l'operazione, serve che i tre partiti che sorreggono Monti riescano a produrre subito, nel giro di pochi giorni, una nuova legge elettorale condivisa. Cosa allo stato altamente improbabile.
In politica, come nel film di James Bond, mai dire mai. Napolitano però fotografa la situazione attuale e conclude che sciogliere le Camere equivale a un salto nel buio. Altro che stabilità, senza accordo sarebbe il caos. Meglio tenersi il Monti attuale, indebolito, che il nulla. È da queste considerazioni che nasce l'intervista del Professore alla Rossiyskaya Gazeta. «Mi hanno chiesto di assicurare la gestione del Paese fino alla primavera del 2013. Le elezioni ci saranno solo dopo». Monti spera che «i partiti sappiamo assumersi tutta la responsabilità», lui comunque rimarrà a disposizione come «senatore a vita». Una riserva della Repubblica, un Cincinnato pronto a riscendere in pista.
Nel frattempo c'è quel maledetto spread da domare. Napolitano ha trasformato il Quirinale nella stanza dei bottoni, prendendosi da Marco Pannella l'accusa di essere il vero premier. Con Monti il contatto è continuo. Pure con Mario Draghi le comunicazioni sono costanti. Si sentono quasi ogni giorno, a volte più volte al giorno, si vedono tutte le settimane quando il presidente della Bce passa per Roma. La linea è tenere duro, incrociando le dita per l'ultima asta di luglio e sperando di sopravvivere all'offensiva di agosto.
Altro il capo dello Stato non può fare. Magari un messaggio alle Camere, per tentare di rianimare i partiti, come suggeriscono due politici di lungo corso come Rino Formica e Marco Pannella? Escluso, almeno per ora: è un gesto troppo forte. «Il presidente stimola i partiti tutti i giorni - dicono dal Colle -. Sono mesi che invita a fare le riforme». Lo ha fatto anche l'altro giorno, durante la cerimonia del Ventaglio. «L'aggravarsi di problemi del Paese richiede cambiamenti urgenti e una presa di coscienza collettiva». Lo ascolteranno?
 

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