"Via i clandestini con figli a scuola"

Gli immigrati irregolari possono essere espulsi anche se hanno figli, minorenni che studiano in Italia: la frequenza scolastica e l'inserimento sociale dei bambini non sono infatti i «gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore» che potrebbero legittimamente far accantonare il decreto di espatrio coatto del padre.
La sentenza di ieri della Prima sezione civile della Cassazione (5856/2010) torna a fissare i limiti dell'articolo 31 della Bossi-Fini, sconfessando un precedente recentissimo della stessa giurisprudenza, ma soprattutto rinfocolando polemiche accesissime sul tema immigrazione.
Il provvedimento riguarda il ricorso di un albanese di Gallarate, che aveva impugnato il decreto di espulsione davanti al tribunale dei minorenni, chiedendo la possibilità di restare in Italia per gravi motivi familiari, in sostanza per le «esigenze dì tutela deì figli minori» nati dalla moglie (albanese, ma adottata da un uomo di Busto Arsizio e in attesa di cittadinanza). Di fronte al diniego del tribunale il padre è ricorso in Cassazione; sostenendo «indispensabile» la sua presenza per il sano sviluppo psico-fisico dei figli, aspetto che concreterebbe la «condizione transitoria ed eccezionale» richiesta dalla legge per poter ignorare le decisioni del questore: con l'allontanamento di papà i bambini subirebbero «un depauperamento sentimentale destinato a incidere sul loro futuro». Ma proprio sulla classificazione della durata come «transitoria ed eccezionale» la Cassazione ha nuovamente censurato l'istanza del genitore clandestino: la frequenza scolastica, secondo i giudici, è esattamente l'opposto, cioè una condizione stabile
e duratura, che nulla ha a che vedere con la situazione «d'emergenza» per il minore non necessariamente di salute - richiesta dalla legge. Interpretare così la Bossi-Fini, scrive la Prima sezione, finirebbe per rendere evanescenti le esigenze di tutela delle frontiere, il bene costituzionalmente correlato ai diritti della famiglia e che deve essere «pesato» per consentire deroghe alla sicurezza dello Stato. Secondo i giudici, tra l'altro, la stessa Cassazione aveva sbagliato pochi mesi fa quando, «con un'analisi segmentata e un'interpretazione apparentemente estensiva ma in realtà riduttiva (perché orientata alla sola salvaguardia del minore)» aveva aperto le frontiere; in tal modo avrebbe anche acconsentito a un «uso strumentale» delle norme per aggirare divieti imperativi.
Numerosissime e nettamente divise le reazioni al verdetto. «L'interpretazione della Cassazione non mi trova consenziente perché deve anche essere tenuto presente, nella situazione di irregolarità, quella che è la realtà dell'educazione dei figli» ha dichiarato monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio.
«Inumana e aberrante» secondo l'ex ministro Paolo Ferrero, la sentenza è «destinata a creare
tensione» per l'ex leader della Cisl, Savino Pezzotta, mentre per Unicef Italia «aumenta il caos in materia e rende necessario un intervento legislativo». Per l'Italia dei valori la pronuncia «è frutto di leggi razziste».
Giudizi molto positivi invece arrivano dal centrodestra: «La Corte di Cassazione con questa sentenza ha ristabilito lo stato di diritto in questo paese», ha detto il ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, mentre la collega all'Istruzione, Mariastella Gelmini, plaude a una decisione che non consente di «strumentalizzare i bambini».
E intanto si apre il caso Torino, dove il comune da tempo offre il servizio asilo ai figli di clandestini; il sindaco Chiamparino la detto che il progetto va avanti, mentre Agostino Chiglia e
Barbara Bonino, vicecoordinatore vicario e coordinatrice provinciale del Pdl chiedono alla magistratura di «intervenire».
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