La "circolare" dei radicali

E’ sempre interessante ascoltare le assemblee radicali, reiterate, appassionate, cariche di impegno, assai meno colte ed intellettualoidi di quanto non si pensi o non si voglia dire. Certo, ogni passaggio della vita del partito M&A può essere ascoltato con attenzione grazie alla radio; mentre di altre assisi, congressi, dibattiti si sente molto meno anche le voci minori. Ovviamente non è responsabilità della Radio di Bordin, che copre già molto, quanto di tutte le altre formazioni partitiche o politiche che si sono sì dotate di diversi strumenti di comunicazione ma che raramente amano rendere pubblici tutti e proprio tutti gli interventi di sezioni o circoli. E magari ne hanno un po’ dell’unica sezione omnifacente - regione, nazione e globo - di Torre Argentina. E’ chiaro che tutto questo mondo di riflessioni vale, come presso
altri, come mero momento di partecipazione, perché sono poche le voci che contano, in quanto, sia ben chiaro, per volontà democratica, sono quelle carismatiche e di leadership. I radicali attuali, nati come frazione di sinistra dell’originale frazione di sinistra dei partito liberale, fin dall’inizio sono stati un movimento di un uomo carismatico e missionario che trasformò l’originale algido distacco laico in appassionata battaglia pronta a mettere sul piatto ogni volta, per una grande questione come per una meschina, anche la vita; ed in questo senso le altre formazioni, leaderistiche oggi esistenti, ne hanno seguito l’ispirazione. Il dibattito di base radicale insomma, dopo il risultato elettorale, si interroga, gira e gira, esplode, ferma, riflette; in attesa di una sintesi che coniugherà tante riflessioni con la tattica della sopravvivenza e la strategia del risultato da cogliere. Train d’union tra base e vertice possono essere di volta in volta D’Elia, come Beltrandi o De Lucia, e se il secondo finisce per esprimere troppo il ruspante istinto naive di base ed il terzo rischia di uccidere ogni colloquio grazie alla colata esperta di dati, il primo è perfetto per il ruolo, con l’antica abilità di mischiare l’umile impegno di base sul territorio con la reale capacità supervisoria. Il dato è chiaro, tolto il Lazio, caso a parte per l’effetto strascinamento Bonino candidata presidente, per il resto i radicali - testualmente - sono a risultati da prefisso telefonico: qui 0.4, qui 0.6. Certo, si ribadiscono i motivi da sempre addotti: l’oscuramento, la chiamata alle armi della Chiesa, l’illegalità del caso Italia che pervade tutto dagli sputi in strada, alla guida contro mano fino alla raccolta delle firme, i comportamenti parlamentari, delle corti, inclusa l’esistenza - forse illegale di qualcuna di loro. Viene richiamato l’attacco ai diversi, alle donne, agli handicappati, ai ricercatori, agli studenti, ai gay, agli ultimi, come i carcerati e qualcuno si arrischia anche a citare gli operai... Non mancano però riflessioni come dire da persone non partiticamente corazzate, che di fronte ad un bel panorama, sono anche capaci di smettere una discussione.
Una ragazza, pur rischiando di essere troppo normale - cioè illegale - avverte che "ce lo dicono tutti che è proprio difficile lavorare con noi. "Un altro esplode il caso dell’imprenditore che paga il lordo ai suoi dipendenti perché non vuole fare il sostituto d’imposta: non si accorge di ripetere i temi filoLife dei radicali antiprodiani degli anni ‘90. Un’altra non capisce perchè si dica sempre radicali italiani ma poi si raccolgano le firme, quando si riesce, per una lista binominale, Marco ed Emma: " ma che senso ha". In fondo il movimento carismatico, se troppo piccolo, diventa familista, alla Mastella, magari non di una famiglia tradizionale.
Poi il radicale da Frosinone vuole a tutti i costi raccontare l’episodio della circolare: "Questo mio amico mi porta con la macchina nuova; quando la circolare per evitare una macchina parcheggiata male, invade la nostra corsia, lui non cambia direzione perchè - mi dice - abbiamo ragione noi. Abbiamo ragione noi e finisce che la circolare gli distrugge la macchina, e noi uno spavento". Ed è tutto lì: i contenuti liberali e libertari, affossati col filoprodismo, scambiando l’8% di un tempo con 9 deputati regalati e l’ostinazione del - abbiamo ragione noi - mentre il paese ti passa sopra come un rullo compressore. Quel che preoccupa è che anche i laici ed i radicali passati nell’altro campo in omaggio alle tesi filodestre degli anni ‘90, hanno perso il loro fil rouge.
Invece di cercare di portare gli ex commilitoni con loro, Libertiamo e company si sono buttati a capofitto nelle lotte interne delle componenti storiche del centrodestra; il che permette loro di andare in Tv o partecipare ai convegni, ma di non alzare un voto in più. In fondo bisogna ben essere come si è, anche se la comoda tattica dice il contrario; se no fai una musata centrale con la circolare.
altri, come mero momento di partecipazione, perché sono poche le voci che contano, in quanto, sia ben chiaro, per volontà democratica, sono quelle carismatiche e di leadership. I radicali attuali, nati come frazione di sinistra dell’originale frazione di sinistra dei partito liberale, fin dall’inizio sono stati un movimento di un uomo carismatico e missionario che trasformò l’originale algido distacco laico in appassionata battaglia pronta a mettere sul piatto ogni volta, per una grande questione come per una meschina, anche la vita; ed in questo senso le altre formazioni, leaderistiche oggi esistenti, ne hanno seguito l’ispirazione. Il dibattito di base radicale insomma, dopo il risultato elettorale, si interroga, gira e gira, esplode, ferma, riflette; in attesa di una sintesi che coniugherà tante riflessioni con la tattica della sopravvivenza e la strategia del risultato da cogliere. Train d’union tra base e vertice possono essere di volta in volta D’Elia, come Beltrandi o De Lucia, e se il secondo finisce per esprimere troppo il ruspante istinto naive di base ed il terzo rischia di uccidere ogni colloquio grazie alla colata esperta di dati, il primo è perfetto per il ruolo, con l’antica abilità di mischiare l’umile impegno di base sul territorio con la reale capacità supervisoria. Il dato è chiaro, tolto il Lazio, caso a parte per l’effetto strascinamento Bonino candidata presidente, per il resto i radicali - testualmente - sono a risultati da prefisso telefonico: qui 0.4, qui 0.6. Certo, si ribadiscono i motivi da sempre addotti: l’oscuramento, la chiamata alle armi della Chiesa, l’illegalità del caso Italia che pervade tutto dagli sputi in strada, alla guida contro mano fino alla raccolta delle firme, i comportamenti parlamentari, delle corti, inclusa l’esistenza - forse illegale di qualcuna di loro. Viene richiamato l’attacco ai diversi, alle donne, agli handicappati, ai ricercatori, agli studenti, ai gay, agli ultimi, come i carcerati e qualcuno si arrischia anche a citare gli operai... Non mancano però riflessioni come dire da persone non partiticamente corazzate, che di fronte ad un bel panorama, sono anche capaci di smettere una discussione.
Una ragazza, pur rischiando di essere troppo normale - cioè illegale - avverte che "ce lo dicono tutti che è proprio difficile lavorare con noi. "Un altro esplode il caso dell’imprenditore che paga il lordo ai suoi dipendenti perché non vuole fare il sostituto d’imposta: non si accorge di ripetere i temi filoLife dei radicali antiprodiani degli anni ‘90. Un’altra non capisce perchè si dica sempre radicali italiani ma poi si raccolgano le firme, quando si riesce, per una lista binominale, Marco ed Emma: " ma che senso ha". In fondo il movimento carismatico, se troppo piccolo, diventa familista, alla Mastella, magari non di una famiglia tradizionale.
Poi il radicale da Frosinone vuole a tutti i costi raccontare l’episodio della circolare: "Questo mio amico mi porta con la macchina nuova; quando la circolare per evitare una macchina parcheggiata male, invade la nostra corsia, lui non cambia direzione perchè - mi dice - abbiamo ragione noi. Abbiamo ragione noi e finisce che la circolare gli distrugge la macchina, e noi uno spavento". Ed è tutto lì: i contenuti liberali e libertari, affossati col filoprodismo, scambiando l’8% di un tempo con 9 deputati regalati e l’ostinazione del - abbiamo ragione noi - mentre il paese ti passa sopra come un rullo compressore. Quel che preoccupa è che anche i laici ed i radicali passati nell’altro campo in omaggio alle tesi filodestre degli anni ‘90, hanno perso il loro fil rouge.
Invece di cercare di portare gli ex commilitoni con loro, Libertiamo e company si sono buttati a capofitto nelle lotte interne delle componenti storiche del centrodestra; il che permette loro di andare in Tv o partecipare ai convegni, ma di non alzare un voto in più. In fondo bisogna ben essere come si è, anche se la comoda tattica dice il contrario; se no fai una musata centrale con la circolare.
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