"Cinque mesi prigioniero in un posto dimenticato da Dio"

«Era come se quel posto fosse stato dimenticato da Dio, come se lo avesse lasciato in mano al Male e gli avesse detto: tieni, fanne ciò che vuoi». Non c’è metafora più chiara che sappia descrivere cosa si provi in balia di aguzzini rivoluzionari o reazionari, finti avanguardisti, violenti e basta. Non c’è espressione che sappia rappresentare meglio i sentimenti di angoscia, paura e solitudine che assalgono un uomo rapito, mentre fa il suo mestiere in una terra straniera, con la testa presa a trovar modi per far sopravvivere il corpo mentre i pensieri fuggono a casa, dalla moglie, dalle figlie, da chi soffre lontano e non sa più niente di te. Sentimenti che Domenico Quirico ha provato per 152 giorni, quanto è durato il suo sequestro in Siria. Questa sera ripercorrerà ogni cosa, le ragioni del viaggio, il momento del rapimento, l’angoscia e la liberazione, davanti al pubblico del Teatro Carignano e per chi si connetterà al sito della Stampa. La nostra web car riprenderà l’evento in streaming e raccoglierà le parole e le emozioni di chi sarà lì con il desiderio di ascoltare i particolari di una vicenda durissima e per cercare di capire insieme, intervenendo e discutendo, cosa stia capitando in Siria.
I biglietti d’invito per la serata - inizio previsto alle ore 18,30 - sono esauriti, ma per chi vorrà esserci comunque è stato allestito anche un maxi schermo per seguire le domande che farà il direttore Mario Calabresi al «suo» inviato. L’invia della Stampa, che ha raccontato di essersi sentito «tradito» da quella rivoluzione siriana che «tanto interesse e speranze aveva suscitato ai tempi della presa di Aleppo da parte dei ribelli ma che poi è stata dirottata in parte dalle frange dell’estremismo islamico» è il giornalista che può aiutarci a sviscerare i meccanismi che uniscono politica e religione, società e «credo» più o meno manovrati e manovrabili. Ma Quirico è anche l’uomo che ha raccontato di «essere stato umiliato», di aver subito «due false esecuzioni» e di essere stato «picchiato, maltrattato». Ha detto di «aver avuto paura». È quindi lui la persona che può aiutarci a capire come possa a un certo punto l’uomo scivolare nel baratro della bestialità più nera per aver sposato forme di fanatismo religioso o, più semplicemente, per aver deciso di vivere fiutando l’odore del denaro. «Era come se Dio avesse dimenticato quel posto e lo avesse lasciato in mano al Male» è il concetto che più di altri, ha ripetuto ai colleghi in redazione. Un concetto che, a ben vedere, esprime anche rabbia e smarrimento verso quel Dio che sembrava aver dimenticato anche lui. Almeno fino alla sua liberazione.
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