Cicala, messaggio sul web: "Liberi se Berlusconi ci aiuta"

Dalla Rassegna stampa

Mi chiamo Cicala Sergio, sono nato a Carini l'otto dodici 1944. Dal diciotto dicembre sono prigioniero dei combattenti di AlQaeda e ho un appello da fare al governo italiano, al presidente della Repubblica e al governo Berlusconi...». Sono le prime parole, è la viva voce di Sergio Cicala, prigioniero con la moglie Philomene Kabouré nel deserto maliense. Un minuto di appello, letto con ritmo cadenzato, con voce priva di enfasi ma sicuramente in una situazione di forte pressione. Cicala lo si ascolta in un video comparso in un sito web islamista, con un messaggio
che è l'ennesimo ultimatum a Roma dei terroristi salafisti della franchigia di Bin Laden & C. nel Maghreb e nel Sahara: se volete la coppia italiana sana e salva dovete liberare entro il primo
marzo, cioè oggi, quattro attivisti della yihad detenuti in Mauritania.
E' proprio in Mauritania dove, il 17 dicembre scorso. il siciliano Cicala e la moglie Philomene furono sequestrati. Si dirigevano verso la frontiera con il Mali con l'intenzione di proseguire per raggiungere il Burkina Faso, paese d'origine della donna, quando un "avvistatore" di turisti, viaggiatori o cooperanti, merce pregiata per i terroristi, li segnalò contro un compenso di quindicimila curo e subito dopo un commando di Al Qaeda sequestrò la coppia. Alcune settimane prima, sempre in Mauritania, erano stati rapiti tre cooperanti spagnoli. Anche loro, con Cicala e signora, si ritrovarono in un'area del deserto a nord del Mali dove operano i coram andos salafisti, che già trattenevano l'ostaggio francese Pierre Camatte.
Quest'ultimo è stato liberato il 23 febbraio scorso dopo lunghe trattative, sicuramente il pagamento di un riscatto ma anche le forti pressioni di Parigi, con due viaggi lampo del ministro Kouchner, che ottenne collaborazione e cessioni da parte del Mali e della Mauritania. Parallelamente, hanno lavorato i governi di Madrid e Roma, con i rispettivi servizi, e pare che gli accordi sul piano economico, leggasi riscatto, siano stati raggiunti. Ma i terroristi, e quest'ultimo video, lo ricorda, esigono anche un prezzo politico-giudiziario che può essere raggiunto, nel caso italiano, solo con il consenso del governo mauritano. Obiettivo non facile per la nuova intransigenza di un paese che vuole liberarsi dal terrorismo d'importazione e che subisce
le pressioni di paesi vicini, come l'Algeria, che oppongono
la linea dura agli yihadisti.
Il video di Sergio Cicala. che appare inginocchiato, con una camicia salmone, la barba incolta, il capo chino ed alle spalle sei terroristi armati avvolti nei tipici indumenti beduini, porta un messaggio senza dubbio sotto dettatura. Ma contiene un'implorazione: "Spero che al più presto il
governo s'interessi della nostra situazione e, di conseguenza delle nostre vite». Eppure c'è chi è ottimista. Secondo l'ex capo dei servizi segreti, Biubeye Maiga, ed un ex ministro del Mali, i terroristi hanno tutto l'interesse di liberarsi degli ostaggi perché rischiano una reazione del governo di Bamako, giocandosi così un rifugio sahariano essenziale per la loro strategia.

 

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