A ciascuno i propri fantasmi, ma certa sinistra...

Dopo la fase del "pensiero forte" e quella del successivo "pensiero debole", arriva la proposta di Valter Veltroni di passare al “pensiero lungo”. Al di là del merito, in cui non voglio entrare, quello che colpisce, di una certa sinistra, è il riflesso volontario o involontario a respingere il "pensiero liberale". Quasi fosse uno spettro. Del resto, ciascuno porta dentro di sé i propri fantasmi. Evidentemente, da quelle parti, non c'è una predisposizione politica, oserei dire storica e culturale, tesa ad abbracciare un tale pensiero di libertà. Anzi, vi è quasi un rifiuto. E si capisce. Ma non ci si può sottrarre alla sfida. La proposta di Veltroni, infatti, apre un interessante dibattito e offre l'occasione per parlare ancora del pensiero liberale. Perché è il luogo delle domande di sempre e lì c'è anche lo spazio per le risposte di oggi, che possono essere diverse da quelle di un tempo. Diverse a destra come a sinistra. In queste pagine, grazie al quotidiano L'Opinione, mi sono soffermato più volte sulla prospettiva, la forza e la durata della filosofia liberale, che non è un'ideologia, non è un economicismo, non è un dogma, ma è una filosofia che si rinnova e rielabora se stessa nel corso del tempo aggiornando, attraverso il metodo liberale, un modo di ragionare e conoscere, di ascoltare e dialogare, di contraddire e contraddirsi, di sbagliare e correggersi secondo una visione laica e non-dogmatica della realtà e del mondo, quindi della vita, dell'esistenza, dell'essere. Ben sapendo che la libertà di ciascuno ha come limite la libertà dell'altro. Il filosofo liberale John Stuart Mill scriveva: "Io sono ancora convinto che nessun grande progresso nella sorte degli uomini sia possibile fino a quando non avvenga un effettivo mutamento nella struttura fondamentale dei loro modi di pensare". Forse il principale problema della sinistra italiana sta proprio qui: nella mancanza di un mutamento effettivo del vecchio modo di pensare. La risposta non sta dunque nel "pensiero lungo" proposto da Veltroni, anche se la domanda che la precede e la sottende è giusto porsela: c'è ancora lo spazio, in politica, per un ragionamento più articolato al di là degli slogan e dei frettolosi tempi televisivi? La risposta si trova nel pensiero liberale, che è aperto al dissenso, all'alterità, al cambiamento, ma non sopporta gli inganni o gli auto-inganni e, perciò, tende a rimuovere tutto ciò che impedisce e ostacola le verità, al plurale. Per un liberale, insomma, c'è un diritto alla verità. La sinistra post-comunista è vittima di se stessa perché non ha elaborato il lutto determinato dagli errori del passato e dal crollo delle ideologie. Una tale rimozione, che è rimozione della verità e conseguente rifugio nell'auto-inganno, le impedisce di adottare il metodo e il pensiero liberale, anche se riesce comunque ad andare avanti grazie al recupero di una prospettiva democratica, seppur all'interno di quella che Marco Pannella definisce "democrazia reale", alla stessa stregua di quello che fu il "socialismo reale" del Novecento. Per questo motivo la sinistra post-comunista avrebbe bisogno di adottare il metodo liberale, per voltare pagina, per poter leggere, comprendere, verificare il proprio passato, onorarlo con le giuste esequie e darsi finalmente le risposte di oggi, al di là che esse siano il frutto di idee alte o basse, forti o deboli, strette o lunghe. Prima delle risposte odierne, però, dovrebbe seppellire con un funerale il vecchio modo di pensare e le risposte di un tempo, che si sono dimostrate sbagliate, nel metodo prima che nel merito. Anche se tutto ciò può essere molto doloroso. Ma resta comunque un passaggio necessario. Altrimenti una certa sinistra non riuscirà a liberarsi dei propri fantasmi.
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