"Chiudiamo l'Ilva", flop alle urne

Dalla Rassegna stampa

Non serviva agitarsi più di tanto. Quel referendum da fissare «a una data più lontana possibile», come nel 2010 ordinava la famiglia Riva - intercettata al telefono - al sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, non era niente di cui l’Ilva avrebbe dovuto preoccuparsi. La prova è arrivata ieri dalle urne: il Comune ha chiesto ai tarantini se volessero la chiusura dello stabilimento siderurgico e, se sì, della sola area a caldo (quella più inquinante).

E i tarantini hanno scelto di non scegliere, restando a casa. Alle 22, a urne chiuse, aveva votato al referendum soltanto il 19,51% degli aventi diritto, lontanissimi dal quorum del 50% necessario perché la consultazione fosse valida. Ancora più emblematici i dati dei quartieri a ridosso del siderurgico, dove alle urne si sono recati meno di un elettore su dieci. Il referendum, spiegano in città, era lo strumento sbagliato: non si può chiedere ai cittadini di scegliere tra il diritto alla salute e quello al lavoro. Deve essere la politica a dare una risposta. Se fosse stato raggiunto il quorum, il Comune avrebbe dovuto in qualche maniera tenere conto dell’indicazione dei cittadini e il sindaco Stefano - che ieri ha votato, ma senza dichiarare come: «Una giornata importante, si decide il futuro della città» - in qualità di autorità sanitaria avrebbe dovuto emettere un provvedimento di chiusura dello stabilimento. «Fantapolitica» hanno spiegato i partiti nei giorni scorsi, segnalando che la consultazione costava all’amministrazione 400 mila euro.

E tutti i partiti hanno snobbato il referendum, dando libertà di voto. Allo stesso modo hanno fatto i sindacati. Avevano indicato di votare «sì» soltanto il Movimento 5 stelle («ma troppo timidamente» hanno protestato ieri i comitati organizzatori, con il leader dei Verdi Angelo Bonelli che se la prende con «Grillo muto»), Radicali e Sel (sul secondo quesito). «Con queste premesse - spiega Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione ambientalista Peacelink - era impossibile immaginare un risultato diverso. Risultato che non ci ha affatto deluso: quasi trentamila persone che vanno alle urne in piena autonomia sono un fiume, un esercito. Oggi nessuno potrà fare a meno di un cittadino su dieci che chiede di chiudere l’Ilva». Inutile l’appello al voto agli operai: pochissimi quelli che si sono messi in fila per esprimere la preferenza. «Se avessi votato per la chiusura dello stabilimento - dicono fuori all’Acciaieria numero 5 - avrei cancellato il futuro mio e dei miei due figli».

 

© 2013 da La Repubblica. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK

Ti potrebbe interessare anche:

Lettera aperta a Cgil, Cisl e Uil Oggi, all'incontro “Lavoro, visioni a confronto: i candidati sindaco rispondono alle domande di Cgil, Cisl e Uil” avete scelto di non ascoltare le nostre risposte. Non ci avete invitato, ma ci siamo, noi Radicali, siamo fuori con Marco Cappato, anche...
Dichiarazione di Valerio Federico e Alessio Di Carlo, rispettivamente tesoriere e membro della giunta di Radicali Italiani: "Le forze politiche di ogni schieramento non hanno perso l'occasione di approvare alla Camera un provvedimento illiberale che cancell la facoltà per gli esercizi...
Dichiarazione di Marco Cappato, Presidente del Gruppo Radicale - federalista europeo al Comune di Milano, ai margini del Comitato nazionale di Radicali italiani:"Tagliare le tasse sulle imprese fa riprendere l'economia e riduce l'evasione. Tagliare le tasse sulla casa, molto meno. Ma rende più voti...