La Chiesa e l'Italia anticristiana. "Momento grigio". "No, nessuna crisi"

Un'Italia diventata anticristiana, scriveva ieri nel suo fondo in prima pagina Ernesto Galli della Loggia. A una serie di imputazioni (pedofilia, autoritarismo gerarchico, diffidenza verso la scienza e molti altri legati alle cronache e alle polemiche quotidiane) per l'autore si aggiunge «un radicalismo enfatico nutrito d'acrimonia. E', insieme, una contestazione sul terreno dei principi, un chiedere conto dal tono oltraggiato e perentorio che dà tutta l'idea di voler preludere a una storica resa dei conti». E poi, scrive, «la Chiesa, e tutto ciò che la riguarda (religione inclusa) ricadono nella condanna liquidatoria del passato, di qualsiasi passato, che in Italia si manifesta con un'ampiezza che non ha eguali».
Monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni, ha dedicato con Franco Scaglia a questo argomento un recente e fortunato volume (In cerca dell'anima-dialogo su un'Italia che ha smarrito se stessa, Piemme, ormai quarto in classifica tra i saggi più venduti). Paglia: «Non c`è dubbio che in un momento grigio come quello che stiamo vivendo, in cui egocentrismo e rassegnazione si sposano, c'è bisogno di una profezia alta. Ritengo fondamentale mettere di nuovo in rilievo la grandezza della nostra fede, la sua forza trasformatrice, che riesce a smuovere i cuori. E questa sua profezia che può e deve ridare un'anima "a questo nostro Paese e alla stessa Europa". Poi Paglia rinvia al discorso a braccio di Benedetto XVI ai vescovi svizzeri in cui il papa citò Sant'Ignazio ("il cristianesimo non è opera di persuasione ma di grandezza").
In quell'occasione, ricorda Paglia, il Papa raccontò di quando, negli anni 80, in Germania gli chiedevano continuamente interviste su contraccezione, ordinazione delle donne, aborto. E Ratzinger avvertì: «Se noi andiamo dietro a queste discussioni, allora si identifica la Chiesa solo con comandamenti e divieti e noi facciamo la figura di moralisti con convinzioni fuori moda».
Molto secco il sociologo cattolico Giuseppe De Rita: «Non credo che la fede possa diventare oggetto di opinionismo. Le polemiche non toccano la quotidianità della Chiesa che non mi pare in crisi. Possono esserci momenti di tensione. Ma io sto a Don Milani: la Chiesa la si serve, non la si discute». Preoccupato invece Ernesto Olívero, laico sposato, fondatore del Sermig, Servizio missionario giovani: «Sì. Ci sono momenti difficili, persino direi di persecuzione. Perché l'amore e l'accoglienza dei cristiani mandano in crisi gli apparati. Ma questi momenti difficili possono essere anche una benedizione: la Chiesa non è una struttura che debba aggiornarsi o "piacere" ma una presenza alla quale riferirsi».
Complessa l'analisi di Pier Ferdinando Casini, leader Udc: «C'è sicuramente una manovra a più voci e con più finalità contro la Chiesa cattolica, che può avere interessi di varia natura su bioetica, ricerca, fecondazione. Interessi che possono forse cambiare il destino dell'umanità, sicuramente quello di alcune aziende. Poi c'è un pregiudizio anticattolico radicato in tante società occidentali che coincide con l'avanzare di realtà del mondo islamico non più marginali ma protagoniste». Poi Casini affronta un'altra questione: «Negli ultimi quindici anni la Chiesa ha spostato la centralità dalla questione sociale a quella antropologica. Una testimonianza nuova e sgradita a tanti, abituati a vedere nella Chiesa una sorta di immensa Ong dedicata ai poveri e alla pace. Oggi la questione antropologica ed etica entra palesemente in rotta di collisione con l'universo progressista, con cui in passato la Chiesa sembrava avere un rapporto quasi preferenziale. Guardando tutto questo con un'ottica planetaria, e valutando il peso di tante lobby allora diventa chiaro quanto diventi difficile l'azione del Papa e della Chiesa nel mondo attuale».
Infine Luigi Bobba, ex presidente delle Acli e oggi deputato pd: «Ha ragione Galli della Loggia. C'è una gran voglia di confinare la Chiesa in qualcosa che ha a che fare col passato, come un pezzo del mondo vecchio: un mito ormai datato ma che ora sembra avere una presa popolare più larga. Poi c'è una contestazione più radicale, come quella di Umberto Veronesi che relega la fede nell'irrazionale e nell'esperienza privata senza alcuna rilevanza pubblica. Ma l'esperienza cristiana è stata uno dei fondamenti dei nostri archetipi culturali. E questi atteggiamenti portano a rimuovere questi fondamenti. Una conseguenza sulla quale è bene riflettere».
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