Chi è la talpa di Hamas che ha fatto la soffiata ai killer di Dubai?

La storia della squadra di killer che elimina un capo di Hamas nella sua camera d'albergo a Dubai, il 20 gennaio scorso, ha imboccato due direzioni. Una è quella dello scontro tra diplomazie d'Europa e Israele sotto la luce del sole: ambasciatori convocati, insinuazioni e colpi di gomito per arrivare a dire che i servizi segreti di Gerusalemme hanno violato un codice non
scritto, hanno usato passaporti con vere identità di insospettabili cittadini europei - hanno anche
usato come scali Roma e Parigi - e questo crea frizioni intollerabili tra paesi alleati. Per ora Gerusalemme, com'è nel suo stile, non ha confermato né smentito eventuali responsabilità.
E chi parla taglia corto. Tzipi Livni, capo dell`opposizione e di Kadima, ha detto che "in ogni caso si tratta di un terrorista in meno e non importa se è stato ucciso a Gaza o a Dubai". Il ministro Yuli Edelstein ha detto che "anche se saltasse fuori che il peggior servizio segreto del peggior paese del mondo è riuscito a beccare quel tizio, non lo definirei un delitto. Stiamo parlando di uno stragista appartenente a un'organizzazione di assassini, non c'è da commuoversi troppo".
L'altra direzione imboccata è in ombra, ma è più interessante. L'uccisione di Mahmoud al Mahbouh è stata facilitata da una soffiata arrivata dall`interno di Hamas. Il leader viveva da almeno dieci anni protetto a Damasco, sapeva di essere sulla lista nera dei bersagli e non usciva quasi mai dalla capitale siriana, e quando era costretto a farlo si muoveva con comprensibile
circospezione. Considerata la delicatezza delle sue missioni, si confidava soltanto con i dirigenti più alti in grado: al Mahbouh si occupava del traffico d'armi verso Gaza ed era agente di collegamento con l'Iran, e dopo Dubai la tappa successiva sarebbe stata il Sudan, dove l'anno
scorso un convoglio di camion carico di armi per Hamas è stato incenerito dai caccia israeliani. Qualcuno di alto livello ha informato i suoi killer e ora dentro il gruppo è cominciata la caccia alla talpa. Hamas ovviamente nega. Svela che il capo ha commesso errori elementari: ha prenotato il volo su Internet e prima di partire avrebbe telefonato alla famiglia, a Gaza, per avvertirla. Ma la famiglia ha negato. Il capo della polizia di Dubai, il generale Dhani Khalfan Tamim, due giorni fa ha chiesto al portavoce e capo di Hamas, Mahmoud al Zahar, di lanciare un'inchiesta interna sull'operazione di Dubai. Tamim sostiene che un alto grado e socio di al Mahbouh ha fatto la soffiata che ha portato alla sua uccisione, e ha aggiunto: "E' lui il vero assassino". Il generale arabo sta conducendo di persona l`indagine della vita e ha già identificato 26 agenti coinvolti nell'assassinio mirato a Dubai.
Samir Awad, professore di Scienze politiche all`Università di Birzeit, vicino Ramallah, dice: "S'è aperta una falla enorme nella sicurezza interna di-Hamas, che fino a oggi era l'orgoglio dell'organizzazione. Dimostra che l'intelligente israeliana è riuscita a penetrare il cerchio più esclusivo del gruppo". Ti avevano sempre tentato, ma era quasi impossibile. La leadership di Hamas è formata da fanatici, compatti ideologicamente e incorruttibili. E' per questo che fino a oggi non sono ancora riusciti a localizzare dove è tenuto prigioniero il soldato Gilad Shalit, a Gaza". C'è pure un altro colpo alla credibilità di Hamas. Ieri Haaretz ha annunciato uno scoop: il figlio di uno dei fondatori di Hamas, lo sceicco Hassan Yousef, ha lavorato dieci anni per lo Shin Bet, l'intelligente israeliana. Nome in codice "Green Prince", il principe verde, perché era figlio di un leader e per il colore della bandiera di Hamas. Grazie a lui sono stati bloccati attentatori suicidi e sono stati presi almeno tre leader di spicco del gruppo. Il principe verde oggi si è convertito, è diventato cristiano e vive in California.
Due palestinesi sono stati arrestati in Giordania ed estradati a Dubai con l'accusa di aver fatto da basisti alla squadra di sicari. Avrebbero provveduto ai veicoli e avrebbero prenotato gli alberghi. Entrambi sono ex affiliati a Fatah e avrebbero anche fatto parte di una cellula segreta che si occupava di eliminare gli oppositori dell`Autorità palestinese. Ma il generale e portavoce militare dell'Anp, Adnan al Dameeri, rigetta le accuse su Hamas: "Dovrebbero chiedersi perché tutti i loro capi stanno morendo. Hanno indagato? E a quali risultati sono arrivati?". Per ora, ed è un fatto insolito, tutti ì portavoce di Hamas rifiutano di commentare il caso di Dubai. Silenzio stampa, come se fosse in atto una tormentata revisione interna.
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