Che nessuno tocchi Caino Ma Tarek Aziz non è Abele

Dalla Rassegna stampa

Se le beghe che i nostri politici ci offrono ogni giorno appaiono agli italiani "lunari", la sorte di Tarek Aziz non può che apparire lontana anni luce nella galassia. A me, invece, interessa la battaglia contro la pena di morte. Si può dire che l’immagine dell’ex ministro degli Esteri iracheno issata sul Campidoglio accanto a quelle di Shalit e Sakineh è una vera sconcezza? Va bene nessuno tocchi Caino (e che Caino), ma mai confonderlo con Abele, mai neanche accostare i carnefici alle vittime. E che su tutto questo ci sia poca informazione, è da ritenere una fortuna per la campagna contro la pena di morte. Per chi ci crede, il giudizio ultimo su Saddam e Aziz lo darà Dio. Qui sulla terra, non c’è giustizia umana più legittimata a giudicare di quella dei tribunali iracheni. Il punto non è essere a favore o contro la pena di morte, ma capire se i crimini quarantennali di Saddam e Aziz possono essere considerati alla stregua di reati comuni, o non richiedano una grave ed eccezionale assunzione di responsabilità da parte di chi li condanna di fronte al genere umano; e riconoscere agli iracheni il diritto a giudicare i loro carnefici. Un diritto che nei Paesi di molti di coloro che oggi si scandalizzano per la condanna di Aziz è stato esercitato in modo molto più brut-le. Chi proprio non può salire sul pulpito della morale e del diritto è chi non ha mai pronunciato parole critiche su un antifascismo fondato sul "sangue dei vinti". Dove sono altrettante analisi pensose e autocritiche sulla sentenza di morte che alcuni partigiani eseguirono nei confronti di Mussolini e della sua amante (immaginiamo coinvolta molto più di Aziz nei crimini del fascismo...), nonché di migliaia di fascisti senza aver prima accertato in un processo le loro responsabilità dirette? Noi italiani al nostro dittatore nemmeno una parvenza di processo abbiamo concesso, nemmeno il rispetto del suo cadavere, così come non l’abbiamo saputo garantire ai migliaia di "vinti" di cui è stato sparso il sangue nel dopoguerra. E l’Europa che oggi si indigna per Saddam e Aziz è la stessa Europa che mi pare non metta sotto accusa - e giustamente non lo fa Norimberga come giustizia dei vinti esercitata anche con la pena di morte. Tarek Aziz ha subito in questi anni diversi processi per fatti diversi, con verdetti ognuno diverso dall’altro (dall’assoluzione a condanne a 7 e a 15 anni), a dimostrazione di una giustizia forse non perfetta, né completamente distaccata (e come potrebbe esserlo del tutto?), ma le cui sentenze non sono già scritte a priori. Quanto alle presunte scomode verità che qualcuno, secondo i radicali, vorrebbe che Aziz si portasse nella tomba, c’è da chiedersi come mai il braccio destro di Saddam abbia ritenuto di non rivelarle in questi sette anni che sono trascorsi da quando si è consegnato; come mai non sono emerse nei tre processi che ha subito; come mai non ne ha accennato nell’intervista dell’agosto scorso al Guardian; e come mai, se queste verità sono così scomode, gli americani non l’hanno tolto di mezzo ma lo hanno consegnato agli iracheni per farlo processare. Mentre si stringerà il cappio al collo di Aziz, di sicuro non verserò lacrime, ma rivedrò negli occhi le vergognose immagini di quando gli fu permesso - al "cristiano" Aziz (!) - di insozzare con la sua presenza la basilica di San Francesco d’Assisi (in rete si trova una sola foto, della rivista americana "Life"), con la brutale dittatura di Saddam Hussein ancora al potere. Come allora la Chiesa non avrebbe dovuto accostarsi al "cristiano" Aziz, così oggi la legittima e condivisibile posizione contro la pena di morte non ha alcun bisogno di venire accostata ai peggiori carnefici. In queste campagne intravedo un complesso, un segno di debolezza: è come se la posizione contro la pena di morte perdesse forza e coerenza se ogni volta non ci si schiera anche per i più terribili carnefici. Quindi si è pronti a volare a Baghdad, dove quanto meno si riceverà ascolto; ma non a Teheran, dove si rischiano le bastonate. Ciò che vorrei dire è non temete, si può essere contro la pena di morte anche non versando lacrime per Saddam e Aziz.

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