Che fare per salvare il federalismo diventato ostaggio della politica

La riforma federalista è attesa da ostacoli che potrebbero rivelarsi insormontabili. Anche una volta che sarà stata chiusa la partita sul nuovo fisco municipale, i tempi per gli altri decreti rimarranno serrati. E l’esito del confronto, quello interno al Parlamento e quello tra Stato ed enti locali, non è affatto scontato su questioni chiave come federalismo regionale e perequazione infrastrutturale.
Non sarà un cammino in discesa. Per cominciare, alcune proposte di emendamento presentate in dicembre dalla Conferenza delle Regioni al decreto sul federalismo sanitario segnano una distanza profonda rispetto all’impianto licenziato in ottobre dal Consiglio dei ministri. Sarà possibile, allora, trovare la quadra? Una soluzione è necessaria, per portare a compimento un percorso, quello della responsabilizzazione degli enti locali, che non può essere arrestato se non con pesanti conseguenze per gli equilibri di finanza pubblica e per i livelli di servizio ai cittadini. Certo, sarà Importante verificare la tenuta dei due cardini del testo di partenza: il primo, determina il finanziamento complessivo disponibile per la sanità nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica del Paese; il secondo, rende trasparenti i criteri di riparto, fissati in funzione della struttura della popolazione per fasce di età e tenendo conto dei livelli di appropriatezza dei servizi. Intaccare questi due principi con clausole e con formule che reintroducessero ambiguità nella determinazione del fabbisogno e spazi per rinegoziazioni, segnerebbe un passo indietro significativo, una rottura del legame tra autonomia e responsabilità che il federalismo vuole introdurre. E allora è necessario che le richieste di perequazione territoriale trovino risposta non agendo sulle regole di riparto delle risorse correnti, ma su strumenti diversi, a cominciare dal fondo di perequazione per le infrastrutture, anch’esso oggetto di decreto da varare nei prossimi mesi.
Si apre una fase decisiva, che determinerà il significato e le conseguenze del nuovo assetto istituzionale del Paese. L’esito è tutt’altro che scontato. Opportunismo, concitazione e nuove frammentazioni rischiano di far prevalere interessi e visioni di breve periodo, con esiti contraddittori, che si rivelerebbero incompatibili con il senso profondo della riforma federalista.
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