Il centoquarantenario ci obbliga a riscoprire il miglior risorgimento

Cento anni fa, nel 1910, a Frosinone, in Piazza della Libertà, lo scultore Ernesto Biondi realizzò un monumento in memoria di Nicola Ricciotti. È un nome che appartiene a pieno titolo alla storia risorgimentale italiana ed europea. È stato considerato dai suoi contemporanei e dagli storici tra gli uomini più coraggiosi che il nostro Risorgimento abbia conosciuto. Ricciotti, infatti, era un mazziniano, un carbonaro, un libertario. Nato nel 1797, partecipò ai moti del gennaio 1821, fu tra i protagonisti della presa di Rieti e della battaglia di Antrodoco combattendo al fianco di Guglielmo Pepe. Tentò, pur fallendo, un'azione insurrezionale e, insieme al fratello, fu costretto a consegnarsi alla giustizia papale confessando la sua appartenenza alla carboneria.
Le autorità pontificie lo condannarono a morte, ma per fortuna la sua pena fu commutata nel carcere a vita. Usci di prigione nel 1831, a seguito dell'amnistia concessa da papa Gregorio XVI. Si recò in esilio in Corsica, dove conobbe lo stesso Giuseppe Mazzini. Partecipò quindi ai moti del 1831 in Romagna e nelle Marche, poi riparò in Francia. In quell'occasione, aderì alla Giovine Italia con lo pseudonimo di Botzaris (in memoria di Marco Botzaris, patriota greco). Sempre a Marsiglia incontrò anche Giuseppe Garibaldi. Nel 1835 si recò in Spagna e si distinse per il suo alto valore in battaglia, tanto da ottenere vari riconoscimenti. Venne fucilato il 25 luglio 1844 dai borbonici, in Calabria, nel Vallone di Rovito, insieme ai fratelli Bandiera.
Questo fu Nicola Ricciotti. Basti solo dire che Garibaldi diede al suo quarto figlio il nome di Ricciotti, proprio in onore del patriota frusinate verso cui nutriva una grandissima stima. Il generale stesso ammise di aver voluto chiamare così suo figlio per eternare la memoria di quel patriota e, quindi, «per averlo sempre con me». Dunque, il monumento di Ernesto Biondi e questo anniversario non sono l'occasione per un ricordo, ma il segno tangibile di una memoria ancora utile per il presente e la politica di oggi. Lo scorrere del tempo, infatti, permette di superare il passato e di guardare avanti. Ma il passaggio del tempo può condurre verso due strade insidiose e spesso sovrapponibili: quella che ci porta inevitabilmente a dimenticare e quella che, invece, ci imprigiona nei ricordi. In tutti e due i casi, si tratta di strade che non riguardano il nostro vivere oggi. Ma c'è una strada "altra". Del resto, in ogni città ci sono piazze, vicoli e vie che portano i nomi degli uomini e delle donne che fecero il Risorgimento italiano. Sono tanti e spesso poco conosciuti.
Il Risorgimento italiano, l'insurrezione dei napoletani, le cinque giornate di Milano, la spedizione dei Mille, l'incontro di Teano, la Breccia di Porta Pia sono soltanto avvenimenti del passato o, se letti senza retorica, possono in qualche modo rappresentare una memoria viva nel presente e protesa verso il futuro? E questa la domanda che dovremmo farci. Foscolo, Garibaldi, Mazzini, Manzoni o Cattaneo sono tutti nomi che abbiamo consegnato alla Storia. O forse è più vero il contrario: sono alcuni dei nomi che la Storia ci ha consegnato "a futura memoria". Qual è il lascito ideale e concreto del nostro Risorgimento alla vigilia dei 150 anni dall'Unità d'Italia? Al di là di ogni demagogica commemorazione o dei revisionismi strumentali e politici che non aiutano a capire, i nomi di Attilio ed Emilio Bandiera, di Nicola Ricciotti, di Benedetto Cairoli, di Ciro Menotti, di Andrea Costa abitano soltanto alcuni indirizzi delle carte toponomastiche o possono rappresentare qualcosa di vivo e attuale? Se appartengono soltanto a un passato lontano, non appartengono più neppure alla memoria, ma soltanto ai libri di storia o ai ricordi scolastici. Una cosa è il ricordo, altra cosa è la memoria. Sono due opposti. Anche se molto spesso tendiamo a confonderli: la memoria è ciò che non si dimentica, anche e soprattutto quando non ne abbiamo più il ricordo. La memoria è sempre in movimento, produce emozioni, alimenta nuovi pensieri e nuove idee, travalica il tempo e produce sempre nostalgia del futuro.
La memoria, in altre parole, è tale se è ancora viva nel nostro tempo, cioè se ci libera dai ricordi del passato accompagnandoci verso quel domani che vorremmo o che ci aspetta. Infatti, quando si perde la memoria, svanisce anche il futuro. Ed è per questa ragione, forse, che cento anni fa, come dicevamo nel 1910, a Frosinone, in Piazza della Libertà, lo scultore Ernesto Biondi realizzò un monumento in memoria di Nicola Ricciotti. Sperava che l'Italia e l'Europa potessero ancora contare su uomini fatti così. E questo potrà accadere, per dirla con le parole di Leonardo Sciascia, soltanto quando «la memoria ha un futuro».
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