Il «Celeste» Formigoni cattolico di business e anche di governo

Dalla Rassegna stampa

Meglio Salvo Lima di Bobbio, scriveva Il Sabato. Provocazione consona all’abito cucito da molti osservatori addosso al movimento fondato da Don Giussani: Comunione & Liberazione cinica e pragmatica, di business e di governo.
 
 Sarà, ma una slavina così imbarazzante e scivolosa non ha mai colpito Cl. Il leader Formigoni è sotto un doppio assedio: come cattolico, esponente di una maggioranza governata da un premier sotto inchiesta per incontri con una minorenne. E come governatore della Lombardia che ha nel suo consiglio due esponenti del calibro di Nicole Minetti e Giorgio Puricelli, implicati nella vicenda ed eletti solo grazie al listino bloccato. L’ex igienista dentale poi, che dalle carte emerge come «amministratrice del condominio» di via Olgettina, è stata paracadutata in lista per volere di Berlusconi e secondo la denuncia dei Radicali alla Procura di Milano - con irregolarità nella tempistica e firme false.
 
 E lui, il Celeste, di fronte a tutto questo cosa fa? Mentre il quotidiano dei Vescovi, Avvenire, attacca con durezza, mentre Bertone invita gli uomini pubblici a moralità e legalità? Lui incontra il presidente sloveno, promuove Minetti consigliera volonterosa, cita il Vangelo, affida al portavoce la smentita dei Radicali, tenta di coniugare «malinconia» e «sconforto» con «rispetto della privacy».
 
Una linea deboluccia. Come si arrampica sugli specchi il numero due ciellino, Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera in predicato di sostituire Fini. Che tira in ballo la presunzione di innocenza, le accuse «inconsistenti» (con sprezzo di intercettazioni e interrogatori) ma sottolinea i suoi valori, «il mio modo di vivere il matrimonio, il rapporto con mia moglie», e si congeda andando a Scuola di Comunità.
 
 Ecco: la separazione tra affari e modelli comportamentali non potrebbe essere più netta. Con Berlusconi si governa, non si festeggia. Si spartisce il potere, non la vita privata. Del resto, i rapporti si erano già chiusi, simbolicamente e plasticamente, al Meeting di Rimini del 2006. Quando dal palco, golf azzurro sulle spalle e Hogan ai piedi, un raggiante Formigoni di fianco, il Cavaliere invitò i giovani presenti a fondare Circoli della Libertà. Un tentativo di razzolare in casa d’altri poco apprezzato. Giancarlo Cesana lo gelò: «Don Giussani non è il volantino di Forza Italia».
 
 Da allora non è più stato invitato. È vero: con il governatore della Lombardia si conoscono dagli anni ‘70, Silvio finanziava Cl quando era un piccolo movimento anziché la rete ricca e potente di oggi. E nonostante il rapporto umano si sia rotto quando Formigoni non ha potuto presentare la propria lista, il debito di gratitudine resta e pesa.
 
 Ma il Meeting ha una funzione educativa per i militanti e non può proporre modelli fuori dai canoni. Insomma: va bene fare, ma bisogna anche educare. Ora la situazione è andata molto oltre. Fino a quando la galassia ciellina, nemmeno lei avulsa dalla Chiesa, potrà sostenere la dicotomia tra Dottor Berlusconi e Mr Papi?

© 2011 L'Unità. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK