Il Cavaliere studia la road map. "Con il Colle ora tratto solo io"

Dalla Rassegna stampa

 


Stavolta Roberto Calderoli ha corso troppo velocemente. La sua fuga in solitaria sul Colle, dove ha presentato a Napolitano. le venti pagine della sua bozza sulle riforme, ha lasciato di stucco Silvio Berlusconi. «E’ stato un errore - si è lamentato il Cavaliere in privato - ancora molta acqua dovrà passare sotto i ponti». L’irritazione del premier nei confronti del ministro della Semplificazione, con il quale la sera prima ad Arcore era stata concordata un’altra road map, è dovuta anche alla «fretta» di Calderoli di intestarsi la titolarità del processo riformatore. «Al Quirinale ci andrò io stesso, ma al momento opportuno», ha spiegato Berlusconi: Un’uscita «intempestiva» dunque quella del ministro, tanto che il Cavaliere si è sentito in dovere di scandire in pubblico le tappe concordate con Bossi: «Quella presentata da Calderoli è una prima bozza - ha precisato - che va discussa ancora al nostro interno, poi con i gruppi parlamentari, all’interno del Consiglio dei ministri e poi con il Capo dello stato».
Ma non è solo nei rapporti il Colle che Berlusconi rivendica il suo ruolo rispetto ad attori e comprimari. Anche con l’opposizione, se e quando arriverà il momento, il premier intende parlare direttamente. Di riforma costituzionale ma non solo, se è vero che ieri si è detto convinto che persino sulla par condicio «con il Pd un accordo si può trovare, visto che conviene anche a loro per limitare la presenza di Di Pietro in Tv».
Del resto la sua disponibilità a incontrare Bersani e Casini l’aveva già anticipata egli stesso a Napolitano nell’ultimo incontro avuto al Quirinale, il primo di aprile. E’ proprio sul rapporto privilegiato con il presidente della Repubblica che Berlusconi conta per la nuova fase della legislatura. Il premier è rimasto colpito dalla firma di Napolitano sul legittimo impedimento. Ieri mattina, ricevuti ad Arcore Angelino Alfano, Gianni Letta e Niccolò Ghedini, ha avuto in anteprima da Letta la notizia della firma. E si è sperticato in elogi al capo dello Stato: «Ha saputo resistere alle sirene di molti. È un vero galantuomo, super partes: con lui al Quirinale è possibile che la ‘tregua regga». Durante l’ufficio di presidenza del Pdl Berlusconi ha nuovamente espresso la convinzione che un cambiamento di clima sia davvero dietro l’angolo: «Orala strada è sgombra per portare a termine la legislatura e realizzare il programma». Berlusconi già immagina la sua ricandidatura nel 2013. Per questo, dal giorno dopo le regionali, è partita "l’operazione Casini". Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc, sere fa ha confessato a un amico: «Berlusconi mi chiama un giorno si e uno no». Con Casini ancora non ci sono stati contatti diretti, ma il corteggiamento è iniziato.
Tanto che un fedelissimo come Maurizio Lupi, sul cattolico Avvenire, ha lanciato a «Pier» un’offerta allettante: se torni nel centrodestra potrai mantenere il tuo simbolo, senza scioglierti nel Pdl. Era la condizione che Casini considerava preliminare a qualunque trattativa. Un segnale di buona volontà ricambiato dal leader Udc, che ha dato ordine ai suoi di respingere l’invito a entrare nella giunta pugliese di Vendola. Certo, il riavvicinamento tra Casini e Berlusconi risulterà indigesto a molti dentro il Pdl. Gli uomini di An già storcono il naso: «I flussi elettorali - osserva Andrea Ronchi - dimostrano che se Casini non viene con noi sparisce, il problema è suo non del Pdl». Ma la strada sembra tracciata, mentre il
rapporto con Fini per il premier è al momento un problema secondario.
Tanto da aver fatto slittare alla prossima settimana l’annunciato vis-a-vis con il presidente della Camera.
L’immagine che Berlusconi adesso vuole preservare è quella di «forza» e «compattezza» della coalizione uscita vincente dalle elezioni. Non c’è spazio per i distinguo. Aprendo il summit del Pdl a palazzo Grazioli, il premier ha chiesto un applauso per Cota e Zaia e una «standing ovation» per Mara Carfagna, «la più votata d’ Italia». A rovinargli il clima d’idillio ci ha pensato Renato Brunetta: «Presidente, io veramente mi sarei aspettato una parola di solidarietà, tua o di qualcun altro, visto che la Lega mi ha fatto perdere a Venezia». Chi c’era riferisce che la replica di Berlusconi al ministro sia stata colorita, molto colorita.

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