Articolo di Marco Conti pubblicato su Il Messaggero, il 19/01/11
Dopo i primi giorni di sbandamento, Silvio Berlusconi ha messo a punto la strategia per difendersi dalle accuse contenute nell’inchiesta della procura di Milano. Poiché la miglior difesa è l’attacco, il Cavaliere va giù duro con i giudici di Milano e, al termine di una giornata passata ad incontrare ministri ed avvocati, dice chiaramente «non intendo riconoscere quei giudici» e quindi «non vado, ed è inutile presentare memorie difensive ad un castello di menzogne». A preoccupare Silvio Berlusconi non sono infatti le quattrocento pagine dell’inchiesta arrivate alla Giunta della Camera presieduta da Castagnetti.
Sono le restanti mille e duecento ancora chiuse in una cassaforte del tribunale di Milano e che riporterebbero stralci di conversazione del premier con Ruby e le altre ragazze. Colloqui molto espliciti che però, per essere resi pubblici, hanno bisogno delle necessarie autorizzazioni. Meglio quindi passare all’attacco per smontare la sensazione, che circola nei palazzi romani della politica, che sinora sia emersa solo la punta dell’iceberg e che comunque il destino del governo e del suo leader sia più o meno segnato. È per questo che Berlusconi in pubblico sfoggia una grande sicurezza. Ancora una volta sono i sondaggi a dargli la spinta. La tempistica scelta dal tribunale di Milano per dare la notizia dell’inchiesta in corso (il giorno dopo la parziale bocciatura del legittimo impedimento da parte della Consulta), l’accanimento delle procure, la sostanziale incapacità del principale partito d’opposizione ad intercettare lo scontento dell’opinione pubblica, sono per il Cavaliere motivi sufficienti per non mollare.
Con queste certezze in tasca e una buona dose di indignazione, ieri il presidente del Consiglio si è presentato al Quirinale in compagnia di Gianni Letta. L’incontro era già in agenda e serviva a Giorgio Napolitano per avere rassicurazioni sul calendario dei festeggiamenti del 150esimo dell’unità d’Italia. Con tono tranquillo il Cavaliere si dice subito «indignato per ciò che mi attribuiscono». L’atmosfera è gelida perché, grazie a Letta, Berlusconi sa cosa vorrebbe il Quirinale, ovvero che esponga ai giudici le sue ragioni, e Napolitano immagina già la risposta.
Il Cavaliere è un fiume di parole e ripete al capo dello Stato buona parte degli argomenti esposti qualche giorno fa nel videomessaggio. Attacca i giudici ed espone al Presidente una serie di argomentazioni che smonterebbero «queste ridicole accuse». Napolitano però, interrompendolo, evita che il premier entri nei particolari delle serate ad Arcore e lo invita ad offrire le sue osservazioni direttamente alla Procura rispondendo all’invito a presentarsi nel fine settimana. La risposta che offre il Cavaliere è gelida e il «lo valuterò con i miei legali», pronunciato prima del commiato, si tramuta dopo pochi minuti in un "no" che rischia di accentuare lo scontro istituzionale tra colui che sostiene di essere «vittima di un golpe strisciante» e la magistratura che ha predisposto un calendario che porterà i giudici a pronunciarsi a fine febbraio. Prima che la Corte costituzionale si pronunci su eventuali conflitti, il Cavaliere potrebbe essere condannato.
È per questo che Berlusconi è molto più nervoso di quanto appaia e sostiene con i suoi di essere «caduto in una trappola». «Sono stato spiato in ogni passo. Chissà quante altre cose hanno sull’attività di governo! Ma io non posso accettare che un giudizio della magistratura superi quello degli elettori». Ancora una volta sono le percentuali a confortare il premier che peraltro comincia ad avere seri dubbi sulla possibilità che la maggioranza possa reggere a lungo. Ovviamente il paragone con quanto accadde all’ex presidente della Repubblica Giovanni Leone, prontamente sottolineato dal Tgl e da Capezzone, lo rincuora. Meno l’evocazione, di Ilona Staller, in arte Cicciolina, fatta ieri da Pannella.
Nella riunione di ieri sera alla Camera con il gruppo del Pdl, Berlusconi ha dato un piccolo saggio della sua linea difensiva che presto si tramuterà in un attacco ad alzo zero nei confronti della procura di Milano, che «vuole condannarmi per un reato tra i più infami». Ovviamente il Cavaliere tenta ancora la strada del referendum su se stesso, cercando di impedire che qualunque altro leader possa sostituirsi nelle scelte dell’elettorato di centrodestra.
Non a caso ieri Tremonti, da giorni indicato come possibile alternativa al Cavaliere, ha frenato gli entusiasmi. Montezemolo - dopo un’ora a palazzo Grazioli - è stato annoverato dal Cavaliere in quota centrodestra mentre Fini è pronto ad essere indicato dal premier stesso come longa manus delle Procure insieme a Casini. Una volta messi sotto controllo i quattro nomi che, sondaggi alla mano, raccolgono le più alte percentuali di gradimento tra il popolo di centrodestra, Berlusconi è convinto di avere ancora una volta la strada spianata in caso di elezioni anticipate che la Santanchè sembra non volere, ma che più di un ministro ieri dava per certe. Bossi permettendo, perché la Lega potrebbe non permettersi di presentarsi dagli elettori ancora una volta con un pugno di mosche
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