Il Cavaliere chiama i sondaggisti ad Arcore: "Il calo dei votanti può danneggiare noi"

Dalla Rassegna stampa

La clessidra dell’astensionismo che corre ora dopo ora. Più 4 per cento alle 12, più 7 per cento alle 19 e poi quasi 9 a fine giornata. La preoccupazione del Cavaliere che cresce. Silvio Berlusconi, nel bunker di Villa San Martino ad Arcore dal quale esce solo per andare a votare in mattinata a Milano, nel week-end chiama a rapporto la fidatissima Alessandra Ghisleri. Vuole capire quale rischio si annidi dietro la prevedibile disaffezione alle urne.
La guru dell’Euromedia Research gli conferma quel che i più fidati collaboratori negli ultimi giorni gli avevano annunciato. E a chi lo ha sentito ieri, il presidente del Consiglio ha confessato tutta l’apprensione del momento. «Non sono allarmato, ma mi hanno detto che il fenomeno della fuga dalle urne ci sarà anche da noi e che sarà in linea con il calo fisiologico nel resto d’Europa. E come negli altri Paesi colpirà il centrodestra, colpirà noi». Non che Silvio Berlusconi, fino a sera, desse per persa la partita. Anzi. Proprio dalle regioni in bilico, raccontano i suoi, i segnali sembravano essere «confortanti». E dal seggio arriva l’ultimo appello alla mobilitazione: «No, no, se molliamo ci troviamo Di Pietro».
Apprensione, ma anche tensione, al quartier generale di Arcore. «Ancora una volta mi sono speso in prima persona, ho messo la faccia, fino alla chiusura della campagna» ricorda il premier ai suoi interlocutori. «E vedrete che se non dovesse andare bene proverebbero a far ricadere su di me le colpe, ma cadono male».
L’atmosfera tra i berluscones è da vigilia della resa dei conti, nei confronti della sponda finiana. «Il premier è rimasto prigioniero del teatrino della politica, che non gli ha consentito di fare quel che la gente si attende- sostiene il vicecapogruppo Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli - I continui distinguo di Gianfranco Fini non vengono compresi dal nostro elettorato. E questo rischia di avere ripercussioni sul voto. Se l’affluenza alle urne sarà inferiore al 70 per cento, rischierà di penalizzare noi».
In effetti, già ieri, leggendo i dati che affluivano dai seggi, perfino Nicola Piepoli che sabato negava il rischio astensionismo, azzardava che «l’unica lettura possibile è che si chiuda dieci punti in meno rispetto a cinque anni fa, dunque al massimo 65 per cento. Un calo sensibile». Sondaggisti concordi nel prevedere una ripercussione sul Pdl, in particolare.
Tesi tutta da dimostrare, alla quale anche nel governo non si rassegnano. «Classico caso di allineamento all’astensionismo del resto d’Europa, sebbene non ai livelli francesi - dice il ministro per l’Attuazione del programma, Giafranco Rotondi. Non fa piacere, eravamo una positiva anomalia. Non lo siamo più. Ma andrei cauto col dare per scontato che il fenomeno penalizzerà i moderati».
Certo, lo spettro francese che ha regalato la vittoria alla Gauche rediviva (54 per cento perla sinistra unita), aleggia anche in ltalia. Tutto dipenderà dalle partite chiave. A cominciare da quella del Lazio, dall’esito del testa a testa Bonino-Polverini, sul quale si misurerà anche il peso specifico dentro il Pdl di Gianfranco Fini e della sua nascente «Generazione Italia». «Più gente vota e più crescono le chance della Polverini, maggiore è l’astensionismo minori sono le chance» confida in serata un finiano doc come Carmelo Briguglio. In questo senso, un po’ di apprensione, alla luce del 12 per cento in meno di votanti nel Lazio, a chiusura dei seggi, già si percepiva. Non che nel Pd si respirasse un’atmosfera del tutto serena, al termine della prima giornata ad urne aperte. Meno votanti in Emilia e in Umbria, tradizionali regioni "rosse", per esempio, non fanno dormire sonni tranquilli neanche a loro.
Per non dire delle notizie sul recupero del centrodestra in alcune regioni cruciali. A rincuorare il segretario Pier Luigi Bersani, per ora, la ricerca consegnatagli e dalla quale risulta che tra gli elettori del Pdl il 70 per cento si sarebbe dichiarato disponibile a confermare il proprio voto (col 30 percento di astensionismo), percentuale che salirebbe al 90 tra gli elettori del Pd. Come dire, 3 astensionisti su 4 sarebbero di centrodestra, soprattutto nelle regioni centromeridionali. Ma tra poche ore i sondaggi lasceranno il posto alle schede scrutinate.

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