Il Cavaliere alla resa dei conti con Fini. "Anche stavolta si è messo di traverso"

«Sono venuti allo scoperto, la loro rabbia dimostra che ci volevano escludere dalle elezioni in modo fraudolento». Silvio Berlusconi spera di essersi messo alle spallel a sgradevole vicenda del decreto salva-liste, ma la manifestazione comune del Pd e dell'Italia dei valori, spiega chi ci ha parlato, lo ha convinto del tutto che «c'è stato un tentativo, questo sì golpista, per impedire al Pdl di presentarsi in due regioni». Tentativo non del tutto sventato, se ancora ieri sera, tra gli uomini del premier, si manteneva una prudente attesa per la decisione del Tar del Lazio sulla riammissione del Pdl in provincia di Roma.
E in questo scontro all'arma bianca, che ha costretto il premier a uscire allo scoperto, rischiando un frontale con il presidente della Repubblica, Berlusconi non si è sentito sostenuto da Gianfranco Fini. Al contrario riemerge, nei ragionamenti fatti in queste ore con i fedelissimi, tutta la diffidenza per le mosse del presidente della Camera, per i presunti piani segreti del numero due del Pdl che prevedono, come sbocco finale, l'eliminazione del Cavaliere dalla scena politica.
Sarà anche vero che ora entrambi, come dice Daniele Capezzone, «hanno a cuore il successo del Pdl alle regionali». Ma certo faceva impressione leggere ieri proprio sul Giornale di un progetto di Fini per la creazione di un «partito della Nazione», da far nascere per scissione dal Pdl.
A sondare il terreno tutto sembra ancora molto lontano, ma nessuna strada viene esclusa. Dopo le elezioni Fini chiederà al premier «cambiamenti sostanziali» nel partito, a partire dall'azzeramento dell'attuale triumvirato e da una gestione non più «monarchica» del Pdl, e solo in base alle risposte ottenute valuterà il da farsi. Ma i finiani più irrequieti si spingono oltre, descrivono la nascita di un «Pdl-Camera» (operazione analoga al PdlSicilia), con sostegno esterno a Berlusconi, fino all'ipotesi più estrema di una crisi di governo. Il presidente della Camera insomma continua a tessere la sua tela e Berlusconi è consapevole dell'insidia: «In questa vicenda delle liste - osserva un uomo del Cavaliere - Fini formalmente ha tenuto un comportamento corretto, altrimenti si sarebbe tradito. Ma all'inizio ha detto di no al decreto che avrebbe consentito di riaprire i termini di presentazione delle liste».
Insomma, il clima di sospetti e accuse reciproche, anche con la sordina imposta dalla campagna elettorale, resta acceso. «Anche stavolta Fini ha provato a mettersi di traverso», si è sfogato Berlusconi con i suoi. Ad aumentare il nervosismo pesano inoltre i sondaggi, che da qualche settimana segnano un calo nella fiducia del governo. Per questo Berlusconi si trova a puntare tutto sul risultato delle regionali, vissute come un referendum sulla sua persona. Nel quartier generale di via dell`Umiltà l'asticella viene abbassata di continuo, tanto che ora se finisse 8 a 5 a favore del centrosinistra sarebbe considerato «già un successo». I sondaggi del Pdl sulle singole regioni raccontano di un risultato tuttora aperto.
In Campania Stefano Caldoro tira meno della coalizione, ma sarebbe comunque in vantaggio di 7 punti sul rivale De Luca. Tanto che il 20 marzo Berlusconi si farà vedere a Napoli, dove Nicola Cosentino gli ha già preparato una "sorpresa": il premier salirà sulla "Nave delle libertà", dove i "marinai" (i giovani del Pdl) gli metteranno in testa un berretto da comandante, stile Capitan Findus.
In Piemonte tra Bresso e Cota è un testa a testa, con appena lo 0,8 per cento di svantaggio per il leghista.
Nel Lazio ancora si deve misurare l`effetto caos provocato dall'esclusione del Pdl aRoma, mentre in Puglia Rocco Palese avrebbe recuperato su Nichi Vendola, piazzandosi ad appena 1-2 punti sotto. L'unico candidato in difficoltà è Sandro Biasotti in Liguria, regione data quasi per persa. Con queste premesse a palazzo Chigi sembra a portata di mano il sogno di accaparrarsi la maggioranza nella Conferenza Stato-Regioni, ormai di fatto una vera "terza Camera" che spesso è riuscita a frenare i progetti del Cavaliere. Ma l'obiettivo principale resta quello di mettere a tacere i malpancisti interni, con un plebiscito sul «governo del fare» che tolga forza all'onda finiana.
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