Il Cav. si tesse in casa la trama riformista in attesa di Quirinale e Pd

Dalla Rassegna stampa

Silvio Berlusconi, fanno capire da Palazzo Chigi, non avrebbe proprio intenzione di lasciare alla Lega la regia delle riforme come richiesto da Roberto Maroni. "Quella di Maroni è una boutade", dicono. Al contrario il premier è intenzionato a guidare personalmente l’avvio di una legislatura costituente pur con l’assoluta disponibilità a delegare tanto alla Lega quanto al cofondatore del Pdl, Gianfranco Fini, quel ruolo di mediazione istituzionale (con il Quirinale) e politica (con il Pd) che entrambi chiedono. Per il momento il clima è di attesa tanto nel centrodestra, dove sono cominciate le consultazioni interne (ieri Berlusconi ha visto Bossi), quanto nel Pd diviso al proprio interno sull’atteggiamento da assumere nei confronti degli inviti al dialogo provenienti dalla maggioranza.
L’incertezza del Pd combinata con l’attesa decisione di Giorgio Napolitano, chiamato entro questa settimana a ratificare o meno il ddl sul legittimo impedimento, consigliano al centrodestra prudenza e persino flemma. Secondo la tabella di marcia predisposta dal premier una proposta organica relativa alle riforme istituzionali potrà essere prodotta dai gruppi parlamentari soltanto ai primi di maggio. Un lasso di tempo necessario a chiarire le posizioni interne all’alleanza di governo, tanto più se la convergenza su una proposta di riforma semipresidenzialista alla francese sembra già trovare tutti d’accordo. Un mese sufficiente a predisporre contromisure a una "improbabile" - per gli ottimisti - bocciatura del legittimo impedimento da parte del Quirinale. La ratifica presidenziale della norma è il viatico all’avvio della fase costituente: lo strumento che permetterebbe al premier di guadagnare diciotto mesi utili all’approvazione del lodo Alfano costituzionale (o immunità parlamentare) da inserire nella riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema istituzionale.
Sullo sfondo ruta l’atteggiamento tentennante del Pd diviso verticalmente non soltanto tra la maggioranza dalemiana e la composita minoranza, ma anche all’interno di quest’ultima con i veltroniani tentati dal dialogo e i popolari attestati su una linea di fermezza a oltranza ben spiegata da Beppe Fioroni: "Non credo che il Pd debba diventare geometra degli spiragli da offrire a Berlusconi sul presidenzialismo. Dobbiamo parlare di interventi sociali". Parole diverse da quelle di Stefano Ceccanti, costituzionalista veltroniano, che spiega: "Trincerarsi in una sorta di aventinìsmo intransigente non serve a nulla. Il centrodestra sembra proporre il semipresidenzialismo alla francese, questo fa piazza pulita delle nostre proposte sul rafforzamento dei poteri del premier. Loro hanno fatto una proposta. Il Pd che fa, si ritira o accetta di parlare? Se ci rifiutassimo facendo fare tutto a Berlusconi il rischio è che il presidente del Consiglio, fatta la riforma, stavolta vinca anche il referendum. E noi cosa avremmo ottenuto? Al contrario, dialogando, si potranno anche apportare modifiche, Ottenere, per esempio, anche una nuova legge elettorale che sulla scorta del modello francese reintroduca i collegi uninominali". Il risultato di queste posizioni, sommate alla perplessità dalemiana (dalle sue parti preferiscono il sistema proporzionale tedesco) hanno costretto ieri il partito a una nota ufficiale che certifica lo stallo: "Faccia il centrodestra. Il Pd ha la bozza Violante", tocca al Pdl scoprire le carte.

© 2010 Il Foglio. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK