Cautela del Colle: "Non c'è nulla di prevedibile"

Dalla Rassegna stampa

Dai Tribunali cade la seconda tegola consecutiva sul Pdl, ma non si può dire che al Quirinale la notizia giunga inattesa. E, anche se qualche coccio tagliente sfiora lo stesso palazzo del capo dello Stato, coerenti con il principio sempre declamato secondo cui le sentenze si rispettano, sul Colle scatta la consegna del silenzio. «Non ci sarà alcun pronunciamento da parte nostra». Almeno fino a quando l'iter di ricorsi e controricorsi, esposti e appelli non sarà finito. Un silenzio comprensibilmente preoccupato, visto che sulle possibili evoluzioni del pasticcio delle liste «non c'è nulla di prevedibile ed è difficile anche solo immaginare che cosa potrà ancora accadere». Evoluzioni giuridiche e politiche, come l'ipotesi di un rinvio del voto, propugnata da Bossi e rilanciata ieri pure da Pannella per essere subito liquidata da Berlusconi e Bersani, alla quale Giorgio Napolitano non ha mai mostrato di credere davvero. «Soluzione politica? Ditemi qual è», aveva replicato scettico la settimana scorsa a chi gli chiedeva un pronostico.
Un commento declinato in forma di interrogativo che forse è risuonato anche ieri mattina, nell'anticamera dello studio di Fini, a Montecitorio. Dove il presidente della Camera si è brevemente intrattenuto con il capo dello Stato e con il «tessitore» Letta, a margine di un convegno. Nessun summit, per carità, tanto più che i tre erano circondati dai rispettivi staff. Ma, come emerge da ambienti parlamentari, si sarebbero scambiati qualche allarmato parere sui rischi di scontro istituzionale e, in mancanza di accordo tra gli schieramenti, di ulteriori fratture.
Voto regionale a parte, è lo stesso calendario delle assemblee, con la legge sul legittimo impedimento, ad alimentare timori. Mentre non si è ancora placata la bufera (in prima fila uomini del'`Italia dei valori, tra i quali si è distinto per vis polemica l'ex giudice De Magistris) che ha investito il presidente della Repubblica dopo la sua ratifica al decreto salvaliste.
Sarà forse per sottrarsi ai riflettori e allentare il pressing, che in serata il Quirinale dirama una nota per dare uno stop a certe illazioni sul suo faccia a faccia con il premier di giovedì scorso. «Si continuano a leggere su alcuni giornali e agenzie di stampa con ripercussioni anche nel dibattito politico-istituzionale» (vale a dire l'intervento di Pancho Pardi ieri in Senato, ndr), «ricostruzioni per tanti aspetti inconsistenti, se non fantasiose» dell'incontro in cui il governo gli presentò, e alla fine ritirò, la prima bozza di decreto.
Insomma, suggerisce la nota: le cose sono andate come lo stesso Napolitano aveva fatto sapere sabato sera, attraverso una risposta su Internet agli appelli di due cittadini. Una lettera in cui il presidente definiva l'incontro «teso» e parlava di «vicenda molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni», che aveva «messo in evidenza l'acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali». E che si concludeva con l'eloquente richiesta «di non
rivolgersi al capo dello Stato con aspettative e pretese improprie e, a chi governa, di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri». Appunto, più esplicito di così!
 

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