Cassazione senza pietà

Dura lex sed lex. La prima sezione civile della corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un genitore straniero che chiedeva di non essere espulso per restare vicino al figlio che frequenta la scuola in Italia. Secondo la Cassazione l'esigenza di garantire la tutela della legalità alla frontiere prevale sulla tutela del diritto di studio dei minori. Plaude alla sentenza il ministro dell`istruzione Mariastella Gelmini, quello che vuole fissare un tetto al numero degli stranieri in classe: «Non si può giustificare chi utilizza i bambini e li strumentalizza per sanare situazioni di illegalità. La legge è chiara e va rispettata».
La dura legge che va rispettata, sulla pelle delle famiglie dei migranti, dei loro figli e del diritto allo studio, è ovviamente la legge Bossi-Fini. Anzi, una interpretazione rigorosa dell'articolo 31 del testo unico sull'immigrazione del 1998 (la legge Turco-Napolitano) che al comma 3 recita: «E' ammesso l'ingresso o la temporanea permanenza di uno straniero irregolare sul territorio nazionale in caso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del figlio minore se determinati da una situazione d'emergenza». Secondo i magistrati, nel caso in esame, questo grave motivo non sussite. In pratica il fatto di avere un figlio che frequenta la scuola in Italia non è di per sé una ragione sufficiente per permettere ai suoi genitori di rimanergli vicino restando sul suolo patrio.
La sentenza numero 5856 della Suprema corte smentisce una sentenza opposta che la prima sezione civile della Cassazione aveva espresso su un caso analogo solo il 19 gennaio scorso (n.823). Allora era stato ammesso un ricorso di un migrante che vive a Roma con la motivazione che «non può ragionevolmente dubitarsi che, per un minore, specie se in tenerissima età, subire l'allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere
rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisce un sicuro danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico armonico e compiuto». Un mese e mezzo dopo i giudici affermano l'esatto contrario. L'emergenza, sostengono adesso, non è quella di situazioni di «sostanziale stabilità» e «essenziale normalità», come ad esempio la frequentazione della scuola italiana da parte di un minore. E aggiungono addirittura che se così fosse si rischierebbe di «legittimare l'inserimento di famiglie straniere strumentalizzando l'infanzia». Tradotto in parole semplici, il diritto allo studio servirebbe da scusa per aggirare le leggi sull'immigrazione. Mandare i figli a scuola per gli stranieri sarebbe come «sfruttarli», usandoli da lasciapassare per restare in Italia
Com'è possibile che dopo così poco tempo i magistrati abbiano cambiato radicalmente idea? Una prima spiegazione la fornisce Olivero Forti, responsabile immigrazione della Caritas Italiana. «La Cassazione - ricorda Forti verifica caso per caso. Penso quindi che in questo specifico caso, abbia verificato che non veniva pregiudicato lo sviluppo psicofisico del minore». Tutto dunque dipenderebbe dalla situazione specifica di questo straniero residente a Busto Arsizio, marito di una moglie con regolare permesso di soggiorno e genitore di due minorenni. Un parere più circostanziato lo offre Enrico Belolli, avvocato dell'associazione antirazzista Naga. «Certo, bisognerebbe vedere il caso specifico. Resta il fatto, però, che la legge evidentemente non è univoca. Fino a 4 o 5 anni fa il tribunale dei minori di Milano, ad esempio, era più disposto ad accogliere ricorsi di questo tipo. Da qualche tempo non è più così. La sentenza positiva di gennaio ha rappresentato solo una eccezione che faceva ben sperare. Io, ad esempio, non presento più ricorsi per stranieri che hanno i figli a scuola. So che verrebbero rigettati. E' necessario per lo meno che ci sia una grave malattia del bambino».
Navi Pillay, alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, ha definito la sentenza «preoccupante». Per l'Unicef, «alimenta caos su una materia che presenta norme contraddittorie». Per Terre des Hommes ancora una volta si privilegia la sicurezza e la legalità alla tutela dell'infanzia. Paolo Ferrero (Prc) parla di «una sentenza disumana». Claudio Fava (Sei) dichiara: «Con tutto il rispetto per la corte, si tratta di un verdetto medioevale basato su una legge medioevale».
Più cauto il Pd che chiede un intervento giuridico ad hoc per mettere ordine su una materia legislativamente ambigua. «Stupiscono queste sentenze contraddittorie della Cassazione ha dichiarato Livia Turco (Pd) - anche se è vero che devono valutare caso per caso, sarebbe gravissimo che i diritti dei minori fossero subordinati alla situazione di irregolarità nel permesso di soggiorno dei genitori. La nostra stella polare è la Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia, la quale dice che ci sono dei diritti che devono essere riconosciuti al minore in quanto tale».
Entro il prossimo dicembre l'Italia dovrebbe recepire una normativa eurupea che dispone di tenere conto proprio della situazione dei minori e della famiglia prima di operare espulsioni. Ma che la realtà sia ben altra lo dice ciò che avviene ogni giorno sulla pelle dei bambini di stranieri. A Milano, ad esempio, nel silenzio generale, ogni giorno, da mesi, vengono sgomberati rom e stranieri, la polizia locale manda per strada genitori e bambini, anche sotto la neve, interrompendo qualsiasi percorso scolastico. Se li prendono in casa le maestre.
© 2010 Il Manifesto. Tutti i diritti riservati
SU
- Login to post comments