Il caso del Lazio un altro clamoroso spot a favore dell'antipolitica

In vista di un autunno che sarà molto complicato, tre temi fra gli altri s'intrecciano: il caso Lazio, il tentativo di Berlusconi di riproporsi sulla scena, il passo indietro di Vendola nelle primarie del Pd.
Il primo punto è anche il più drammatico. Lo scandalo che ha coinvolto la classe politica laziale è solo l'ultimo in ordine di tempo che colpisce e in qualche caso travolge alcune regioni.
Di recente le cronache si sono parecchio interessate alla Sicilia, alla Lombardia e anche alla Puglia (lo stesso governatore Vendola ha fatto riferimento alle questioni giudiziarie che lo sfiorano per motivare la possibile rinuncia alle primarie). A Roma la vicenda Fiorito non è un caso isolato in un ambiente politico sano. Al contrario, la pentola scoperchiata mostra uno spettacolo quasi intollerabile in termini morali che suona come condanna definitiva di un sistema di governo costruito sul disprezzo dei cittadini.
Sotto questo profilo, le parole a effetto della presidente Polverini non sono molto convincenti perché lo scandalo in corso non è proprio un fulmine a ciel sereno. Che il sistema fosse marcio era evidente da tempo e la Polverini avrebbe fatto meglio ad accorgersene. Ma tant'è. Oggi l'unica soluzione possibile è un vero repulisti, senza il quale la governatrice dovrà dare seguito immediato alla promessa di dimettersi. In ogni caso quello che succede nel Lazio (e altrove) equivale a un potente carburante per tutti i movimenti più o meno organizzati che contestano la politica e le istituzioni. Non solo: gli scandali a ripetizione sono altrettanti colpi inferti alla mitologia delle autonomie regionali.
Ossia il cardine di quello che avrebbe dovuto essere il federalismo all'italiana. Come dire che la bomba del Lazio riguarda tutti gli italiani e il nostro futuro prossimo.
Secondo punto: Berlusconi che ritrova la parola e attira su di sé i riflettori. Ma le sue proposte (togliere l'Imu) e le sue critiche (al patto fiscale europeo) hanno un sapore assai "retrò". È difficile che l'ex premier riesca a dettare l'agenda politica come faceva così bene fino a pochi anni fa. Semmai impressiona il suo tentativo di porsi in posizione simmetrica rispetto a Bersani. Gli elogi sperticati a Renzi hanno il chiaro scopo di mettere in difficoltà il ragazzo di fronte al gruppo dirigente del Pd e soprattutto ai militanti. Berlusconi e Bersani: il primo puntella il secondo e il secondo ha bisogno del primo per mobilitare il campo del centrosinistra. L'immobilismo è totale.
Terzo punto, il defilarsi di Vendola. Se sarà confermato, il ritiro del governatore pugliese dalle primarie è un altro colpo a vantaggio di Bersani, il quale è ora in grado di recuperare consensi a sinistra (mentre a destra, lo abbiamo detto, è Berlusconi a indebolire Renzi). In fondo, presentando la richiesta per due referendum sul lavoro, Vendola aveva superato il limite compatibile con l'alleanza. Una battaglia personale per la leadership avrebbe avuto conseguenze esplosive. Ora il governatore potrebbe rientrare in parte nei ranghi.
Sullo sfondo resta la riforma elettorale. Pian piano ci si avvicina alla soluzione del rebus. La chiave sarà neo-proporzionale e questo cambierà i connotati del sisterma politico. Per cui non si può dar torto ad Arturo Parisi quando afferma che «è paradossale fare le primarie quando non ci sarà da indicare nessun candidato premier».
© 2012 Il Sole 24 Ore. Tutti i diritti riservati
SU