Casini e il governo tecnico: "Prima o poi è inevitabile"

Dalla Rassegna stampa

«Un governo tecnico, di salute pubblica, prima o poi è inevitabile, e sarebbe una scelta di grande responsabilità politica». Pier Ferdinando Casini torna a proporre la sua ricetta contro i mali dell’Italia, ma stavolta il suo appello - accompagnato dall’annuncio che l’Udc è pronto a lanciare un nuovo partito «di riconciliazione nazionale» - cade in un momento difficile per il Paese e per il governo, e non pare più solo un sogno ad occhi aperti.
In verità, alle parole del leader centrista - intervistato da Lucia Annunziata a «In mezz’ora» - il centrodestra oppone un secco «no grazie», perché un governo «c’è già» e non c’è alcun motivo per farne un altro. Lo dice con calma Fabrizio Cicchitto: «Vista la gravità della situazione economica e finanziaria internazionale, è auspicabile un positivo rapporto fra governo, maggioranza e le forze più responsabili dell’opposizione, fra cui c’è indubbiamente l’Udc», mentre «non è condivisibile» l’ipotesi di un governo d’emergenza che «suppone avvenimenti drammatici nella vita politica italiana, che, francamente non ci auguriamo per il bene di tutti». Lo dice molto più brutalmente il leghista ministro Roberto Calderoli: se si vuole parlare di federalismo, bene, ma «se invece, con la scusa della crisi economica, qualcuno cerca di farci ripiombare nella Prima Repubblica, allora verrà schiacciato come il serpente...». E anche dal centrosinistra Antonio Di Pietro respinge seccamente ogni eventuale offerta: «Vecchia politica».
Insomma, si capisce che è nel Pdl che si continua a mostrare attenzione alle mosse di Casini, che da parte sua cerca di ritagliarsi uno spazio politico decisivo in vista di ogni possibile scenario futuro. Che sarà nero, a suo giudizio, se non si uniranno le forze per fare grandi riforme ineludibili per il Paese, da «quella delle pensioni alle liberalizzazioni, che nessuna maggioranza pro tempore farà mai per paura di perdere le elezioni».
E alla domanda se a guidarlo dovrebbe essere Tremonti, Casini non si scompone: «Non sono il capo dello Stato». Intanto però il leader dell’Udc - che attacca Veltroni e i suoi perché lo considerano «già alleato di Berlusconi » solo per «legittimare la polemica con Bersani» il ché «segno di implosione» - guarda al futuro prossimo del suo partito. Tra due settimane, in un seminario a Todi, si comincerà a discutere sulla nascita di un «partito della Nazione» che mira ad attrarre chi di questo bipolarismo non ne può più. Per esempio Fini, Montezemolo, Rutelli? Casini ammette che anche con loro ci sono contatti, e le porte sono aperte, ma «se l’uomo della provvidenza c’è bene, sennò ne faremo a meno», perché non si può trascinare in politica chi non vuole entrarci, e comunque «le porte sono aperte a tutti, l’importante è che non sia un’adunata di reduci e generali senza esercito, ma un insieme di popolo».

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