Casini deve allearsi con Sel senza darlo a vedere

Pierferdinando Casini non crede alla possibilità che si realizzi una nuova aggregazione tra i moderati in grado di competere ad armi pari con quella di sinistra. E forse ha ragione. Le inimicizie che si sono prodotte trai leader del vecchio centrodestra, lui stesso, Umberto Bossi, Gianfranco Fini e soprattutto Silvio Berlusconi, sono troppo aspre e recenti perché possano essere archiviate in pochi mesi. Però, nella prospettiva di un ricambio non solo generazionale, anche la figura di Casini rischia di essere ridimensionata se non archiviata. È forse anche per questo che il presidente Udc punta a esercitare una funzione subalterna ma in qualche modo incisiva all'interno di un'alleanza di centrosinistra, il che però non entusiasma i suoi elettori. L'elezione in Sicilia di un governatore di origine comunista con i voti dell'Udc può essere considerata un caso particolare legato a misteriose alchimie politiche nell'Isola. In quell'occasione, peraltro, Sinistra e Libertà si è presentata separatamente dall'alleanza tra Pd e Udc, con risultati deludenti. A livello nazionale, invece, la presenza di Sel nella coalizione organizzata attorno al Pd è garantita dalla partecipazione di Nichi Vendola alle primarie. L'incompatibilità tra Casini e Vendola è evidente, ma il leader centrista sta studiando un artificio che renderebbe meno visibile l'alleanza con lui. Sel dovrebbe inglobare i suoi candidati in una lista del Pd, accettando quindi la disciplina di gruppo per gli eletti, e in tal modo consentire a Casini di allearsi con Pierluigi Bersani fingendo che Sel non esista o sia ridotta a una corrente minoritaria del Pd. Che sia pura funzione è evidente. Lo dimostra l'esempio dei radicali, eletti nelle liste del Pd, che poi sono stati del tutto autonomi in Parlamento, come farebbero con ogni probabilità gli eletti vendoliani. Inoltre è improbabile che Vendola accetti l'impostazione di Casini, anche se volesse farlo per evitare il rischio di restare fuori dal Parlamento a causa della soglia di sbarramento, fatale a Rifondazione comunista e a Fausto Bertinotti nelle ultime elezioni. Tali manovre servono solo a nascondere l'essenziale, cioè l'assenza di un'intesa politica tra Udc e Pd abbastanza approfondita da reggere una coalizione in grado di governare. Il ritorno a coalizioni posticce e post elettorali, costruite solo sui numeri parlamentari, può essere utile a Casini e alle sue, peraltrò legittime, ambizioni.
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