Caro Preside, vendere vendere vendere

Per sedersi da pari al tavolo dei leader europei, Mario Monti voleva 30 miliardi di euro, e subito. Così il governo ha pensato di reintrodurre l'Ici sulla prima casa e di rivalutare gli estimi catastali. Per contrastare parzialmente l'effetto recessivo della manovra, c'è ora da agire su due fronti: liberalizzazioni (resistendo a certe lobby ben rappresentate in Parlamento) e privatizzazioni. A che pro altrimenti aver bruciato risorse private, se non si usa il tempo guadagnato per riattivare un credibile percorso di ripresa?
Certo, un piano di dismissioni del patrimonio pubblico va avviato cum grano salis: i fondi sovrani cinesi o arabi non baderebbero a spese per acquisire del buon know-how tecnologico ed entrare nel mercato energetico europeo (ragion per cui l'Eni dovrebbe restare saldamente nelle mani del Tesoro). Caveat geopolitici a parte, solo con un abbattimento dello stock di debito pari ad almeno 100 miliardi - meno di un quarto delle emissioni di titoli programmate per il 2012 e poco più del 5 per cento del valore complessivo del debito - si può sperare in un ritorno a tassi d'interesse sostenibili nel medio-lungo periodo. Non c'è un'esigenza solo contabile: l'uscita dello stato "produttore" dal sistema economico eliminerebbe distorsioni competitive. A 100 miliardi si può arrivare: tra le altre cose, Ferrovie, Enel, Poste, Cassa depositi e prestiti, Finmeccanica, Rai, Invitalia, Sace, municipalizzate. Secondo. Edoardo Reviglio, capo economista della Cassa depositi e prestiti, il solo patrimonio immobiliare "immediatamente vendibile" vale 40-50 miliardi. Abbiamo dato l'oro alla patria, ora è bene che sia lo stato a cedere il suo.
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