"Caro Bersani, guarda che abbiamo perso"

Dalla Rassegna stampa

L’altra sera, in un clima carbonaro, coordinamento del partito alle dieci e porte sbarrate ai giornalisti, chiacchierando in un corridoio Massimo D’Alema discuteva, tra il serio e il faceto, dei risultato della "sua" Puglia. Rivendicando la vittoria: «La mia strategia ha portato la Poli Bortone a candidarsi, spaccando il centrodestra», spiegava a qualche collega. «Massimo, sei più andreottiano di Andreotti».
Battute, sfottò, ma anche critiche severe al segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani. Perché, all’indomani del risultato delle Regionali, un 7-6 giudicato come «una bella vittoria» dai bersaniani e come una sconfitta da gran parte del partito, la resa dei conti nel Pd è in atto. Una giornata di attacchi incrociati: la minoranza non lesina le critiche, anche se, almeno per ora, sostiene di non volere mettere
in discussione la leadership. Un gruppo di sentori scrive una lettera per chiedere un cambio di passo al segretario. E, dall’esterno del partito, Emma Bonino attacca quella minoranza del Pd che, accusa, non l’ha sostenuta. «Il Pd ora deve scegliere la strada del coraggio. Con l’ordinaria amministrazione e la sola somma delle sigle continuerà a vincere la destra», sottolinea duro Dario Franceschini. «Io non ti ho consegnato un partito morto», chiarisce nella riunione notturna rivolto a Bersani. «Molte cose che sono state scritte in questi giorni non le ho mai dette né pensate», la risposta del segretario, anche se dal suo entourage ancora insistono: «Le cose come sono andate finora non vanno, ma perché non era il partito di Bersani. Questo risultato è l’ultimo colpo di coda della vecchia gestione: un partito che non si capiva se era solido, liquido o cosa...». Molto critico l’ex leader Walter Veltroni, che insiste sulla necessità di tornare allo spirito del Lingotto e di recuperare la vocazione maggioritaria. «E’ un errore negare una oggettiva sconfitta», dice chiaro e tondo Ignazio Marino. Critica e sconsolata anche la presidente Rosy Bindi, nei suo intervento dell’altra sera. «Va bene discutere, ma senza guardarsi l’ombelico», risponde a tutti l’ex ministro piacentino.
Molti però nel partito non sono d’accordo con la sua lettura ottimista del voto. Per questo martedì, dopo la conferenza stampa di analisi dei risultato, 49 senatori gli hanno scritto e recapitato una lettera. «Bisogna cambiare passo. Bisogna muoversi subito. Bisogna accedere a una nuova dimensione del nostro impegno politico che anche noi parlamentari spesso non esprimiamo con la necessaria efficacia. Serve un supplemento d’anima», scrivono, e chiedono «di incontrarci subito per riflettere insieme, per trovare, dopo una leale discussione, la giusta strada da percorrere».
Non un’iniziativa di corrente (a firmarla sono senatori appartenenti ad aree diverse), «vuole essere un’autocritica perché si ritrovi l’orientamento giusto», spiega l’ideatore, Gian Piero Scanu, «desideriamo una lettura onesta di quello che non ha funzionato». Il leader li incontrerà dopo Pasqua.
Tra tante critiche, Bersani incassa però anche qualche complimento. Quelli di Emma Bonino, che gli ha riconosciuto «un appoggio deciso, determinato e generoso» nella sua corsa alla presidenza del Lazio. Mentre «per altri non è stato così». «Non so a chi alluda, io ho visto molta generosità», replica l’ex margheritino Luigi Zanda. E Marco Follini: «Facciamo calare il sipario sulla campagna elettorale».

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