Carlo Giovanardi

Dalla Rassegna stampa

Commentare solo "meglio tardi che mai" non rende giustizia. Anche se resta apprezzabile la presa di coscienza di Giovanardi. Ma suonano veramente stonate le motivazioni con le quali ha annunciato l’emendamento al disegno di legge del governo (o forse decreto legge) impropriamente definito "svuotacarceri" - quello degli arresti domiciliari a chi deve scontare l’ultimo anno di pena e la messa alla prova per condanne fino a tre anni. Almeno rispetto a quanto predicato e perseguito nella sua carriera politica sul tema. Dire, oggi, che i tossicodipendenti sono «persone che essendo malate hanno bisogno
di cure piuttosto che di reclusione» quando la sua (e di Imi) legge del 2006 prevede anche per i piccoli spacciatori consumatori pene da 6 a 20 annidi carcere, grida vendetta. Ad oggi, grazie a questa, la loro presenza negli istituti (oltre 15mila) si è impennata dell’8,4 per cento.
Deve aver letto il "libro bianco" sulla sua applicazione fino al 2009, Giovanardi, per essere giunto a più miti consigli accogliendo almeno in parte le proposte del Forum droghe. O forse semplicemente insieme al governo teme che, prima che riescano a posare le prime pietre dei nuovi istituti, la situazione disastrosa delle carceri (67.452 detenuti ieri) scoppi loro in mano, magari in estate, come denunciano da tempo i radicali facendo lo sciopero della fame con Rita Bernardini in testa. Ben venga, quindi, la marcia indietro del sottosegretario che prevede l’estensione delle misure alternative ai tossicodipendenti suggerendo, in particolare, la revisione della legge ex Cirielli sulla recidiva e dando la possibilità al giudice di far prevalere le attenuanti sulle aggravanti.
La nota legge infatti (oltre a scansare il carcere a Cesare Previti) serviva a dare corpo all’ossessione securitaria di Lega e dell’allora An aumentando le pene ai recidivi: ed è notorio che per la maggior parte sono tossicodipendenti che ripetono lo spaccio. Di quel governo Carlo Giovanardi era ministro per i rapporti con il parlamento e certo la votò.

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