"Cari italiani, vi spiego tutto in tv"

Dalla Rassegna stampa

La domanda che molti lettori mi pongono più frequentemente in questo periodo, sopravvalutando le mie conoscenze di politica, è la seguente: cela farà Berlusconi a superare le difficoltà che avversari (magistrati inclusi) e amici si divertono a gettare sul suo cammino già abbastanza accidentato? La tentazione di azzardare risposte che non siano «chi lo può dire», «dipende da quanto succederà nei prossimi giorni» e banalità simili, è forte; perché anche a me, come a tutti, piace darmi delle arie. Ma resisto. E se oggi scrivo il presente articolo non è per tentare una profezia, ma solo per commentare alcune frasi pronunciate dal premier in trasferta, il cui contenuto avevo larvatamente anticipato su queste colonne. Si tratta della sua intenzione di raccontare agli italiani, per filo e per segno, la lunga e tribolata vicenda con la giustizia che cominciò a tormentarlo quando lui, il Cavaliere, improvvisatosi politico fondò Forza Italia; fece una coalizione con il Msi e con la Lega; vinse le elezioni e irruppe a Palazzo Chigi. La rapida e inopinata ascesa dell`estemporaneo gruppo di dilettanti allo sbaraglio sorprese e irritò la sinistra. La quale, superato l`iniziale smarrimento, reagì trovando aiuto in alcune Procure inclini a considerare il premier un ufo di cui sbarazzarsi in fretta, un riccone giunto al potere grazie alla disponibilità di denaro e di un impero televisivo, un dittatorello abile nello sfruttamento della situazione, anche politica, per farsi gli affari propri. Di qui l`avvio di inchieste sempre più numerose e portate avanti da pm pertinaci, sicuramente in buona fede, convinti di trovare prima o poi qualche macchia nera nelle aziende del Biscione e nella vita del padrone. Dopo quindici anni di vani assalti, certe toghe sono ancora ossessivamente impegnate sullo stesso fronte, per nulla scoraggiate dai risultati negativi. Ormai agiscono quale partito, con finalità politiche, come si evince dalla circostanza che, sempre più spesso, esse partecipano a talk show televisivi. non per discutere dei loro problemi professionali - tanti e irrisolti - bensì per chiedere in video le dimissioni di Berlusconi, ritenuto inidoneo al suo ruolo per vari motivi, non solo giudiziari. Cose turche che succedono esclusivamente in Italia e, forse, ma ne dubito, in qualche Paese africano. Il premier, caduto il Lodo Alfano che gli garantiva di governare e di non essere processato per la durata della legislatura, si rende conto della minaccia di essere presto, prestissimo condannato (secondo il progetto politico del partito togato) e sente l`esigenza di denunciare l`aggressione della quale è vittima dinnanzi alle telecamere, allo scopo di informare i cittadini disorientati da notizie ricorrenti circa la sua imminente fine. Lo farà. Prima si limitava a dirlo in «camera caritatis», adesso lo ha dichiarato pubblicamente, segno che ha sciolto ogni riserva. Tra alcuni giorni, al massimo settimane, aspettiamoci quindi di vederlo comparire sul teleschermo delle principali emittenti nazionali onde riferire sullo stato dell`arte. E accadrà un pandemonio. Conoscendo il personaggio, lui sarà puntiglioso nelle ricostruzioni dei fatti; esibirà documenti; esporrà le sue tesi con dovizia di dettagli; insomma dimostrerà con la consueta tigna verbale che la magistratura organizzata in partito usa i processi non per fare giustizia, ma per farlo fuori. Riuscirà il Cavaliere a far passare attraverso il video questo concetto? Le capacità lessicali e di argomentare non gli mancano. Parla con semplicità ed efficacia. Può realizzare il suo proposito di persuadere gli elettori che lassù nei tribunali qualcuno vuole impedirgli di governare ricorrendo all`arma impropria dei procedimenti giudiziari. Immagino tuttavia le polemiche sollevate da una simile comparizione televisiva. Lo accuseranno di cesarismo, di insensibilità democratica, di fare strame delle regole e della prassi. Gliene diranno di ogni colore. Già, perché in Italia rivolgersi direttamente al popolo è giudicato inopportuno, roba da Duce. Il nostro ceto politico preferisce i rituali consolidati della Prima Repubblica che escludevano un rapporto diretto fra i responsabili delle massime istituzioni e i cittadini. I quali avevano il diritto-dovere di votare, eleggere onorevoli e senatori e da questi farsi rappresentare sino allo scioglimento delle Camere. Basta. Non avevano alcuna occasione legittima per interferire nei lavori della Casta, che provvedeva a tutto il resto: a cominciare dalla elezione del capo dello Stato che, a sua volta, consultava i partiti e sceglieva il candidato alla presidenza deJ Consiglio. Per cui ora, solo all`idea che Berlusconi si conceda lo strappo di parlare alla gente tramite tivù, il Palazzo insorge scandalizzato. Questa è la storia, cari lettori. Se l`operazione che ha in mente Berlusconi andrà a buon fine, la maggioranza degli italiani sarà con lui, e lui, tribunali o non tribunali, seguiterà a governare incurante dei manganelli giudiziari; se invece andrà male - e ne dubito - il centrodestra si squaglierà, e per il Cavaliere non sarà un gioco da ragazzi salvarsi dalle grinfie e dalle fauci delle belve aspiranti a dividersene le spoglie. Quindici anni di digiuno e di fallimenti le hanno rese fameliche. La speranza è che il tormentone politico -giudiziario non abbia ancora nauseato i cittadini, e che siano i cittadini a dire l`ultima parola su Silvio Berlusconi.

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