Cameron sulla scia della Thatcher

Dalla Rassegna stampa

«No, non, nein». Il sindaco conservatore di Londra, l'euroscettico Boris Johnson, ha incoraggiato il premier David Cameron a roteare la borsetta thatcheriana sul capo dei colleghi continentali per difendere gli interessi britannici in Europa alla prova del bilancio 2014-2020.
Immagine suggestiva di cui si nutre il colorito dibattito locale sull'Unione, sfumata appena dall'appassionato intervento, al programma radiofonico Today, di Ken Clarke ministro di Margaret Thatcher, ma anche di David Cameron, che ha difeso con vigore la sua storia e quella delle residue anime eurofile del Tory party. Il Regno Unito è in avanzato stato confusionale sul proprio ruolo e sul proprio destino in Europa. Londra s'allontana da Bruxelles, come mai prima d'ora, e lo fa a passo accelerato più per incapacità della leadership che per genuina scelta politica. Al "no" al fiscal compact dello scorso anno, segue ora il "no" all'unione bancaria e il probabile "no" al bilancio europeo che ha fatto immaginare al Financial Times un Budget a 26. Con Londra relegata non si sa bene né dove né come.

Scene da un divorzio per inadeguatezza trasversale, capace di tagliare, con responsabilità diverse, conservatori al governo e laburisti all'opposizione, essendo questi ultimi in marcata distonia dal passo europeista di Tony Blair e del New Labour. Peter Mandelson, architetto di quell'ideologia che l'attuale leader Ed Miliband ha liquidato, imputa l'incertezza delle nuove generazioni laburiste all'eco eccessivamente lontana della Seconda Guerra Mondiale. Considerazione che può valere anche per David Cameron, ma che non basta per spiegare il 56% di elettori favorevoli all'uscita del Regno Unito dall'Ue, contro il 30% di oppositori, svelato da un sondaggio svolto qualche giorno fa. Numeri già visti, si obietterà. In realtà raramente, forse mai in questa misura.
La crisi euro-britannica di oggi ha, infatti, qualche cosa di deja vu e molto di mai visto. Si assiste da cinquant'anni all'assedio degli euroscettici Tory alla linea del partito - divenuto mantra della politica estera britannica - che Harold Mac Millan tracciò mezzo secolo fa lungo due chiare direttrici: vicinanza strategica con gli Stati Uniti e impegno in Europa. Si assiste da trent'anni almeno all'assedio che i media vicini a Rupert Murdoch stringono alle (rare) divagazioni europeiste dei premier che si sono succeduti. "Up yours Delors" è il titolo che il Sun mise in prima pagina nel novembre del 1990 invitando i lettori a riunirsi in Trafalgar square per alzare il dito medio alla volta dell'allora presidente della Commissione. Passaggio storico per volgarità e nettezza di vedute.

A fare, oggi, del deja vu qualcosa di mai visto è stata la crisi dell'euro, fenomeno che ha generato il timore di una precipitosa uscita del Regno dall'Ue. Brexit, nel neologismo del Centre for European Reform, scenario terrorizzante per le imprese come va ripetendo, cercando di scuotere i politici e mobilitare gli associati, Roger Carr, presidente di Cbi, la Confindustria britannica. Eppure la percezione di un'impotente dipendenza dalle dinamiche della moneta unica, forte abbastanza per trascinare al tappeto anche l'economia inglese innescando una seconda recessione, ha mutato la dinamica politica e l'umore popolare. Le battute dei giornali di Rupert Murdoch hanno assunto un'influenza senza precedenti, gli acuti ai Comuni di euroscettici d'antan supportati da giovani laburisti affetti da grave miopia politica, hanno alzato la tensione oltre ogni misura. In un momento in cui non c'è, drammaticamente, alle viste un potenziale leader - Tory o Labour - capace di mettere da parte la politica politicante per dare primato alla politica maiuscola, i tatticismi hanno lasciato spazio a un caos per nulla creativo. Così mentre Downing street conferma che a Bruxelles si discute di un Budget a 26 (versione Ft) annuncia anche che un'intesa sulla base di un congelamento in termini reali del Bilancio esistente, è possibile. Così mentre deputati laburisti s'allineano agli euroscettici Tory per indebolire David Cameron, il loro leader Ed Miliband fa stridenti proclami pro Unione. Tutto e il contrario di tutto, nella speranza vana, crediamo, che la corda capace di unire le esigenze interne dei Tory, le acrobazie elettoralistiche del Labour con la permanenza nell'Unione - obiettivo dichiarato del premier -, possa non spezzarsi mai. La crisi dell'euro potrà, forse, fare la prossima tappa in Francia, come ha scritto l'Economist, ma di quella crisi la vittima ultima e finale, per l'inconsapevole leggerezza di incaute politiche, rischia di essere la Gran Bretagna. Il budget europeo ci dirà se la miccia è già accesa.

 

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