La Camera difende Cosentino: respinta la richiesta d'arresto

A larghissima maggioranza la Camera boccia la Procura di Napoli. Il caso Nicola Cosentino, sottosegretario all’Economia accusato dai pm partenopei di concorso in associazione camorristica, si chiude con un risultato scontato: «no» alla richiesta di arresto e «no» alle dimissioni dal governo. Meno scontati i numeri con i quali è stato respinto un attacco che, di fatto, Montecitorio ha definito persecutorio. L’autorizzazione alle manette, infatti, è stata negata con 360 voti contro i 226 a favore. Non solo Pdl e Lega, quindi, che ieri in Aula contavano 309 presenze. Ben 51 deputati in più che non hanno creduto al teorema della Procura e hanno sostenuto la maggioranza. Difficile stabilire quanti e chi, dell’opposizione, si sono schierati con Cosentino. A causa della richiesta dell’Udc di votare a scrutinio segreto, visto che il partito aveva lasciato libertà di coscienza, si può solo supporre chi abbia indossato la veste di franco tiratore. Tra le file dell’opposizione, palese è stata la posizione dei cinque onorevoli piddini radicali, capeggiati da Maurizio Turco. Il quale, avendo letto le carte del caso perché membro della Giunta per le autorizzazioni, ha sempre dichiarato che l’inchiesta sa di patacca. Turco in Aula è andato giù duro parlando di «richiesta di arresto suicida» e «è ora di dire basta con lo spezzatino giudiziario». Il sostegno a Cosentino è arrivato anche da Pionati dell’Alleanza di centro, dal Movimento per le autonomie e dal Partito repubblicano di Nucara & C. Difficile sapere quanti dell’Udc di Casini, abbiano respinto la richiesta di arresto. Di certo lo stesso leader, in Aula, ha sottolineato che pur «rimettendomi alla libera e individuale scelta dei miei colleghi perché i pregiudizi siano pro o contro possono uccidere gli uomini e sicuramente uccidono le idee e la politica... l’Udc ha una storia garantista e ha sempre combattuto i giustizialisti...». Sta di fatto che non tutti i centristi se la sono sentita di difendere a spada tratta il pidiellino campano ed è quindi possibile che qualche onorevole del Pd abbia alla fine votato con Pdl e Lega. Non è mistero, infatti, che pure nel partito di Bersani ci sia qualcuno preoccupato dello strapotere di certa magistratura. Il primo round si è concluso nella tarda mattinata con la vittoria ai punti del sottosegretario inquisito. Il quale, visibilmente soddisfatto, ha subito chiamato la moglie per dirle «Mi dovrai sopportare ancora per un bel po’...».
Il secondo round invece è iniziato nel pomeriggio con l’esame delle tre mozioni con le quali Pd, Idv e Udc chiedevano le dimissioni dal governo. Anche in questo caso il risultato è parso scontato, seppur c’era da valutare la posizione di un drappello di finiani, mai teneri con Cosentino. Il diretto interessato, sul suo futuro politico e sulla sua candidatura a governatore della Campania, nel cortile di Montecitorio non s’è sbilanciato: «Un passo indietro? Deciderà il partito». E il finiano Fabio Granata, che già aveva dichiarato di astenersi sull’ostracismo da palazzo Chigi? «Con lui non ho frequentazioni - ha tagliato corto -. Io rispetto le sue opinioni ma lui rispetti quelle della Camera». E dalla Camera, in serata, è arrivato anche il «no» alle dimissioni. Unico e isolato «non so», quello di Granata. Una vittoria piena per Cosentino, insomma, che alla fine ha chiesto soltanto «che il giudice accerti la verità e smonti queste accuse infamanti».
Ma a rendere incandescente l’atmosfera alla Camera alla fine è la rissa sfiorata tra Maurizio Paniz (Pdl) e Marco Minniti (Pd). Il primo, in Aula, afferma che quando Minniti era sottosegretario non si dimise dopo essere stato indagato per gravi reati. Minniti reagisce, chiede «un giurì d’onore e se si dimostrasse che quanto detto è vero mi dimetto da parlamentare». Il pidiellino ribatte che «se si rivelerà inesatta l’informazione che mi hanno dato, non ho nessuna difficoltà a chiedere scusa». Finito qui? Per nulla: Minniti corre in Transatlantico e urla furioso: «Non finisce qui, ma come si permette?». Paonazzo, Minniti riacquista la calma solo con l’abbraccio dei ministri Ronchi e La Russa: «Sappiamo che sei una persona per bene, stai tranquillo. Vedrai che se Paniz s’è sbagliato ti chiederà scusa».
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