Calderoli: ritiriamoci dal Libano

Ritirare i militari italiani in Libano, e schierarli «per difendere i nostri confini dagli immigrati». La proposta del ministro Roberto Calderoli, non nuova visto che ciclicamente la ripropone, è che l'Italia dovrebbe limare la presenza in quella missione internazionale, per reperire uomini e mezzi necessari per far fronte all'emergenza immigrazione. Condita dal consueto refrain sugli immigrati rubinetto «da chiudere», è arrivata stavolta assieme a una determinazione, «proporrò nel prossimo Consiglio dei ministri il ritiro dal Libano». Cose che non saranno di grande aiuto stamattina al ministro Maroni, quando a Lussemburgo dovrà perorare la causa della condivisione del problema immigrati. Soprattutto, la riduzione del nostro contingente in Libano è già prevista da tempo, e concordata con la comunità internazionale e l'Onu: tanto che il Libano (quanto il Kosovo) e la quantità di nostri militari presenti in quei teatri non sono più da tempo al centro dei contatti con i partner alleati. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, in replica al telefono ovviamente respinge l'idea lanciata ieri dal leghista, e cerca di buttare acqua sul fuoco della polemica. Spiegando: «Calderoli dice cose di cui in Consiglio dei ministri si è già discusso, il problema del reperimento fondi esiste e una valutazione sulla missione in Libano, in quella sede, l'ha auspicata anche il ministro dell'Economia Tremonti, e ne ho parlato anch'io. Le missioni certo hanno costi elevati, ma andar via dal Libano non si può. Cerchiamo di tenere insieme le esigenze, e già diminuiscono i nostri soldati in Afghanistan. In Libano, in parte abbiamo già ridotto la presenza cedendo il comando agli spagnoli, ma la Spagna impegna meno soldati di quanti non ne impegnassimo noi». Poi il ministro della Difesa, che ha tra l'altro come capo di gabinetto proprio il generale Claudio Graziano che ha guidato Unifil nel 2007-2010, dettaglia alle agenzie di stampa che «è già prevista una diminuzione progressiva dal Libano e dal Kosovo, è corretto immaginare di portare i nostri uomini attorno alle mille unità». Ma andar via dal Libano proprio no, «Unifil rappresenta una grande opera di deterrenza, è tutt'altro che inutile». Un po' come dice l'ex Commissaria europea Emma Bonino, «ma che vuoi fare Calderoli? Una crisi pure in Libano, così poi ci ritroviamo con altri immigrati in Italia?».
In effetti, nella giornata in cui Massimo D'Alema risponde a muso duro a Berlusconi che vorrebbe «uscire dall'Europa» se non ci «aiuta con gli immigrati», l'idea di Calderoli sembra pura e semplice propaganda. Nel silenzio dei berlusconiani, per l'opposizione non rispondono nemmeno i leader. E comunque, pollice verso da Udc, finiani, Pd, Idv. L'aggettivo più moderato è lo «sconcertante» pronunciato da Lorenzo Cesa.
In realtà da sconcertarsi c'è pochissimo, perché Calderoli attacca la missione Unifil praticamente da quando esiste, tant'è che chiede il ritiro dalla fine del 2006. Quelle italiane sono forze di stabilizzazione impegnate nel teatro libico sin dal 1978, ma l'attuale formato della missione nacque nel ferragosto del 2006, dopo i bombardamenti israeliani su Beirut. E la Lega ha sempre vissuto Unifil, a comando militare italiano perché italiana era anche l'ingegneria della missione Onu (ad alto rischio, e per la quale fu accorciata la catena di comando), come «un delirio di onnipotenza di quel Napoleone di Prodi», come disse lo stesso Calderoli al momento del voto in Aula il 19 agosto. Da allora, la Lega è sempre andata fiera di essersi astenuta sul voto parlamentare per il Libano, mandando in soffitta la tradizione di gradimento bipartisan che sostiene i nostri militari impegnati in missioni all'estero. E non è nemmeno la prima volta che il «ritiro dal Libano» viene connesso con l'immigrazione. «Andiamo in Libano a pavoneggiarci facendo finta di essere una superpotenza, e non ci accorgiamo che l'Italia viene invasa dagli immigrati», diceva il 22 ottobre 2006 il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. L'ha poi ripetuto il 27 luglio e il 19 settembre del 2009, aggiungendo al Libano anche «il ritiro dall'Afghanistan». Bossi, come è noto, da tempo perora il «tutti a casa» per i nostri militari impegnati in missioni militari internazionali.
© 2011 La Stampa. Tutti i diritti riservati
SEGUICI
SU
FACEBOOK
SU