C’era una volta il terremoto

Dalla Rassegna stampa

Due mesi fa il terremoto feriva l’Emilia e la Lombardia, sfiorando anche il Veneto. Le scosse sbriciolavano chiese e torri in piedi da centinaia d’anni, sfigurando città e paesaggi. La strage dei capannoni ci presentava un conto impressionante di vite perdute e metteva in ginocchio il cuore pulsante dell’Italia produttiva.

La prima cosa che oggi va sottolineata è la dignità con la quale i nostri fratelli emiliani e lombardi stanno affrontando la prova terribile alla quale sono sottoposti. La seconda, che come nessun’altra calamità di analoghe proporzioni questo terremoto è stato velocemente dimenticato.

Con qualche lodevole eccezione, l’attenzione su ciò che sta accadendo nelle zone colpite dal sisma si è affievolita progressivamente. Fino quasi a spegnersi. Ci sono frammenti importanti di quel dramma, l’ha già denunciato il Corriere, che sono stati relegati nella serie B mediatica. Per esempio, i terribili danni subiti dai Comuni del Mantovano.

La tensione, insomma, si è allentata. Anche se questo non significa che lo Stato si sia disinteressato del terremoto padano. I Vigili del fuoco e la Protezione civile sono stati formidabili. E mettere sul tavolo due miliardi e mezzo, con l’aria che tira, non è stato proprio uno scherzo. Ma anche l’encomiabile decisione di pubblicare online tutti i dati sui contributi (e sui beneficiari) è senza precedenti. E le comunità locali? Ci sono Municipi con organici già al lumicino dove i pochi impiegati lavorano da due mesi diciotto ore al giorno. Mentre i capoluoghi di provincia si sono tenuti fuori dal cratere per non privare di risorse i piccoli centri più colpiti. Sapendo che il più difficile viene adesso e i problemi sono gli stessi di ogni terremoto. Le stime dei danni vanno a rilento perché si usa troppa carta e poca informatica. Le procedure burocratiche sono spesso complicate. I denari dell’emergenza, c h e non è esaurita, sono già finiti e quelli per la ricostruzione sicuramente non basteranno. Per i palazzi storici, poi, siamo in altissimo mare. E via di questo passo.

Il terremoto dimenticato conferma che nell’emergenza siamo bravissimi. Peccato che subito dopo saltino fuori tutti i nostri difetti. Così anche nella gestione della cosa pubblica: prendiamo decisioni in un baleno, ma quando si tratta di applicarle finiamo nel pallone. Veti incrociati, ricorsi, inerzie della burocrazia... Tutto si ferma. Tutto continua come prima. È un destino del quale ci dobbiamo liberare, se vogliamo risollevarci. Tanto da un sisma squassante, come dalla più grande crisi economica dell’ultimo secolo.

Perciò è importante non dimenticare. Anche se è più comodo il contrario: diversamente, avrebbero avuto il coraggio di allentare i vincoli edilizi sulle falde del Vesuvio, una delle aree più a rischio del mondo intero, dove vivono centinaia di migliaia di persone? Proprio adesso?

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