Bufera sui radicali, gli unici presenti L'ira di Pier Luigi: "Vadano per la loro strada"

Dalla Rassegna stampa

«Quanto si agitano», dice a sera Rita Bernardini davanti ai timori del Pd. «Lo facessero di più per le questioni politiche che poniamo». La pattuglia radicale alla Camera è nel mirino dei democratici. Bersani e compagni hanno scoperto da una nota, poco prima che Berlusconi prendesse la parola alla Camera, che Elisabetta Coscioni, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci, Maurizio Turco e appunto Rita Bernardini, sarebbero entrati in aula per ascoltare il presidente del Consiglio. Asserragliati - come fanno da mesi - nel banco più alto alla sinistra dell'emiciclo, sono stati ringraziati dal premier e applauditi, due volte, dalla maggioranza. A caldo, Rosy Bindi sbotta con il presidente della Camera Fini: «Mi chiedo per quanto tempo ancora un partito come il mio debba sopportare questa umiliazione». Lo psicodramma continua nell'ufficio del capogruppo Dario Franceschini: ci sono Bersani, D'Alema, Fioroni, Letta, e lei - Rosy Bindi - la più infuriata. Urla: «Cacciamoli via». Ne nasce una discussione che sfocia poi nella dichiarazione pubblica, e gelida, del segretario: «I radicali si sono autosospesi, ne prendiamo atto. Seguano la loro strada, affari loro».

Dal quartier generale di Marco Pannella in realtà filtrano dichiarazioni rassicuranti sul voto di oggi: «Voteremo la sfiducia al governo come abbiamo sempre fatto», dice Maurizio Turco. Lo stesso si legge in un comunicato in cui lo stesso Pannella replica a Luca Volonté, dell'Udc, che aveva detto: «I radicali tornano alla casa del padre, abbandonata nel '94»: «Solo quelli di Famiglia Cristiana e Marco Follini - scrive il leader radicale - avrebbero voluto che si andasse a onorare l'istituzione parlamentare, andando ad ascoltare, intervenire e a votare, come noi, la sfiducia». Lo chiarisce seccata anche Rita Bernardini: «Bastava ascoltare le mie parole in aula». «Non voteremo la fiducia al governo - aveva detto ma siamo qui per rispetto delle istituzioni». Si era poi rivolta a Fini: «Lo facevamo anche quando parlava Almirante e tutta l'unità partitocratica se ne andava». Parole che non sono servite a rassicurare il Pd. «Non votare la fiducia può anche dire uscire, astenersi», ragionavano al Nazareno, dove si diffonde un sospetto già emerso il 29 settembre, quando i radicali non votarono la sfiducia a Romano senza avvertire il gruppo. «E se c'entrasse il rinnovo della convenzione di Radio radicale con la presidenza del Consiglio?», chiede qualcuno. Fatto sta che il problema politico è aperto da tempo, che il gruppo pd dopo la vicenda Romano si era riunito e aveva passato la palla al segretario, e che doveva esserci un incontro tra Bersani e Pannella di cui non si è saputo più nulla. «Ci dicono che siamo congelati chiosa la Bernardini - ma noi siamo abituati a lottare. Io, per protestare contro la situazione delle carceri, sono al trentesimo giorno di sciopero della fame».

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