Bresso aveva vinto, condannato il truccatore di firme per Cota

Dalla Rassegna stampa

Traballa, e parecchio, la poltrona del presidente del Piemonte Roberto Cota che, nel 2010, aveva vinto su Mercedes Bresso per soli 9mila di voti. Il processo per falso avviato a Torino nel dicembre scorso ha portato ieri alla condanna a due anni e otto mesi di Michele Giovine, la cui lista Pensionati per Cota ha contribuito con 27 mila voti alla vittoria del leghista. Per il tribunale erano false le firme raccolte in 17 circoscrizioni su 19. Una bella soddisfazione per Bresso e per i radicali che sin dall'inizio hanno denunciato l'illegalità di quel voto. Anche perché con ogni probabilità la sentenza avrà effetti decisivi sul procedimento in corso per accertare la regolarità delle elezioni. Cota tira dritto: «I problemi legati alle autentiche delle firme di una lista non mi riguardano. Se qualcuno ha sbagliato, paghi. I voti che i piemontesi mi hanno dato sono veri e validi». Bresso è di un altro parere: «Cota che non poteva non conoscere le modalità con cui Giovine operava». E finalmente il Pd chiede, insieme al resto della coalizione, «il ritorno alle urne, perché Cota non ha vinto, e le elezioni sono state viziate da una vera e propria truffa» (così il segretario regionale Morgando).

La sentenza dà ragione a Bresso e ai radicali, e ancora una volta punisce la prudenza con cui il Pd si è schierato all'indomani della sconfitta, diviso da una delle sue guerre interne. Dal punto di vista tecnico, la condanna penale non ha conseguenze amministrative automatiche. Ma il procedimento amministrativo intentato all'indomani del voto da Bresso e altri è ancora aperto. Il 4 ottobre ci sarà l'udienza della Consulta, coinvolta dal Consiglio di Stato che ha ritenuto incostituzionale la sentenza del Tar nel punto in cui rinviava il procedimento amministrativo su Giovine alla conclusione dell'iter giudiziario civile a suo carico. I tempi lunghi di questo ulteriore processo potrebbero portare alla sentenza dopo la fine della legislatura.

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