Bossi vuole trattare con Gianfranco. "Sul federalismo possiamo convincerlo"

I rapporti tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Finir estano gli stessi da una settimana: prossimi allo zero. «Ci snobba», si lamenta un finiano dopo un incontro con il presidente della Camera, «gli basta che Fini non lo attacchi in televisione e non si metta di traverso sulla giustizia». E dunque, in mancanza di rapporti diretti, è sugli ambasciatori che grava il compito di tendere ancora un esile filo tra i due contendenti, per evitare che la situazione precipiti.
Ieri Gianni Letta ha chiamato il presidente della Camera e un ruolo di mediazione lo stanno svolgendo anche Fabrizio Cicchitto e Denis Verdini (mentre Sandro Bondi è stato incaricato di fare da quotidiano «controcanto» a Fini). Ma i più interessati alla stabilità in questo momento sono i leghisti, che hanno una road map tracciata per l’approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale: «L’ultimo di questi decreti - ha spiegato Roberto Calderoli - dovrà essere emanato tra la fine di dicembre di quest’anno e l’inizio di gennaio del prossimo anno per poi essere approvato entro maggio 2011 ». Per il Carroccio è vitale che il governo regga fino ad allora, almeno un altro anno.
Così Umberto Bossi, dopo aver parlato con Berlusconi, ieri ha spedito da Gianfranco Fini due uomini fidati - lo stesso Calderoli e il capogruppo Roberto Cota - per sondarne le reali intenzioni. Un incontro delicato, che si è tenuto nel pomeriggio nello studio di Fini a Montecitorio. «Dovete capire - questo è stato il mandato di Bossi - se Fini agita questa storia dei decreti solo come un pretesto per rompere oppure se vuole discutere sul serio». Dentro il Carroccio c’è anche chi è pessimista sulle reali intenzioni del presidente della Camera e ritiene che ormai ci sia poco da fare: «Bisogna vedere fino a che punto Fini ha intenzione di tirare la corda - osserva Roberto Castelli - la mia impressione è che voglia fermare il federalismo fiscale, il nodo è quello».
Lo stesso Umberto Bossi non ci sta a galleggiare in eterno. E se dovesse subodorare qualche manovra sospetta, sarebbe il primo a sfilarsi. Un’intenzione che il leader del Carroccio ha fatto filtrare ieri all’Agi attraverso un fedelissimo: «E’ evidente che, se non si porta il federalismo a casa, il governo lo facciamo cadere noi». Ai leghisti l’ex leader di An ha ribadito tuttavia di non essere contrario per principio al federalismo, ma di restare ancora «in attesa di una risposta da Berlusconi sul ruolo che deve svolgere il Pdl». Nessuna retromarcia quindi, anche se i toni meno arrembanti usati in televisione avevano fatto sperare qualche colonnello berlusconiano. «Non si può sparare ogni giorno - spiega una fonte vicina a Fini -, altrimenti rischiamo di apparire pretestuosi. Ma questo non vuol dire che ci accontentiamo: il premier ci deve un chiarimento su molti punti».
Nel frattempo, visto le divisioni interne nella stessa minoranza, c’è anche il timore che il Cavaliere finisca per essere più seducente di Fini: «Il rischio che ci porti via qualcuno c’è, inutile nasconderlo».
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