Bossi, il rompi-Maroni

Ieri Bossi ha rimesso in riga Maroni. Il ministro dell’Interno a dire il vero aveva un po’ sbracato, uscendosene con una battuta che rischiava di mandare a gambe all’aria la maggioranza. Per impedire la riduzione di fondi alla sicurezza, il capo del Viminale si era detto addirittura pronto a votare con l’opposizione, cosa che, se accadesse, equivarrebbe allo squagliamento del blocco che sorregge il governo. A Umberto, che una volta era dipinto come un mezzo eversore, è dunque toccato vestire i panni del pompiere, richiamando a modo suo il discepolo, cui ha mandato a dire che dovrà votare non di testa sua, ma come dice la Lega. Una tempesta in un bicchier d’acqua, perché il leader del Carroccio oggi non ha nessuna intenzione di rompere l’alleanza: più dei fondi alle forze dell’ordine gli preme far passare i decreti attuativi del federalismo e a tale fine è disposto a sacrificare ogni cosa, anche gli amici.
Ma lasciamo perdere per un istante le convenienze della politica e il teatrino che ogni giorno si mette in scena a Palazzo e restiamo alla sostanza. Se si bada a quella non si può che convenire che Maroni haragione. Il centrodestra ha vinto le elezioni con una campagna in gran parte incentrata sulla sicurezza, promettendo ordine e legge. Ricordate il caso di Roma, della povera donna uccisa da un rom? E le altre decine di casi di rapine finite male, con omicidi o lesioni gravi? Berlusconi, Bossi e Fini promisero che una volta eletti avrebbero fatto della sicurezza dei cittadini un tema centrale. E molto hanno fatto, a cominciare dal controllo delle città. Ma altrettanto resta da fare e ovviamente è dura farlo se non ci sono i soldi per le auto della polizia, o addirittura per la benzina, e se si riducono quelli che servono a pagare gli straordinari alla forza pubblica. Pretendere che gli agenti presidino le strade gratis e che rischino la vita senza neppure un grazie è un po’ troppo anche per gente che è votata allacausa.
Dunque? Dunque Maroni ha ragione. Ha sbagliato a dire che è pronto a votare con la sinistra, la quale non aspetta altro per fare uno sgambetto a Berlusconi, ma sulla sostanza, i fondi per la polizia, dice una cosa sacrosanta, che noi condividiamo pienamente. Comprendiamo le ragioni dei risparmi che si intendono imporre alla spesa pubblica: un po’ di dieta non guasta all’elefante che si nutre delle nostre tasse. Ma a stecchetto bisogna metterci chi spreca, mica chi fa il proprio dovere e dà quotidianamente la caccia ai criminali. L’abbiamo già scritto: Giulio mani di forbice è il miglior ministro che ci sia capitato in sorte, perché con un miracolo è riuscito a far attraversare all’Italia la bufera economica più terribile dell’ultimo secolo. Dato a Tremonti quel che è di Tremonti, bisogna però dire che la politica del signor dieci per cento di tagli non può essere indiscriminata. Non ha senso imporre ai ministeri una riduzione uguale per tutti, perché anche nella lotta agli sprechi l’egualitarismo non paga. Ci sono aree della pubblica amministrazione cui si può risparmiare il venti per cento e ancora avanza grasso da tagliare, altre che meritano investimenti. Vogliamo parlare degli uffici inutili o delle comunità montane che stanno in pianura? Oppure delle mille consulenze di cui si potrebbe fare a meno? Certo, usare il bisturi richiede tempo e pazienza e al ministero dell’Economia mancano sia l’uno che l’altra, per questo prediligono la mannaia, ma bisogna prestare attenzione se si maneggia una simile arma: a impiegarla male a volte ci si rimette anche la testa.
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