Bossi, nuovo affondo su Casini: peggio di Fini

Ancora Pier Ferdinando Casini. Ancora Gianfranco Fini. Per Umberto Bossi la campagna elettorale è ormai ufficialmente aperta. Il tono incendiario e la personalizzazione sul leader Udc e sul presidente della Camera suggeriscono che il gran capo leghista abbia ormai definitivamente superato ogni dubbio: «Non si può andare avanti così, meglio tornare al voto entro dicembre. Il rischio è che per ogni cosa che si fa, si debba pagare un dazio troppo alto». Se la preoccupazione, fino a soltanto pochi giorni fa, era quella per una nuova battuta d'arresto per il federalismo fiscale in gestazione, ora di incertezze non ce ne sono più.
I toni sono incendiari, le semplificazioni dirette e brucianti. E se Gianfranco Fini, da ormai un paio di giorni, è diventato «quello dei matrimoni omosessuali», l'esempio che Bossi offre ai leghisti del basso Piemonte per far capire i rischi della situazione attuale è diretto che più di così non si può: «Ogni volta che noi volessimo far passare qualcosa di nostro, lui ci chiederebbe di far passare qualcosa di suo. E lui che cosa è che vuole? La famiglia omosessuale. Ma noi che cosa potremmo dire ai nostri bambini? Come potremmo spiegargli? No, no... è l'ora di votare. Se si rompe la coalizione, l'unica strada è ridare la parola alle persone». In caso di voto, Bossi dice di non volere Gianfranco Fini neppure come alleato con un suo partito: «Non ci interessa, per avere un voto in più, il non riuscire a combinare più nulla».
Poi, il leader leghista passa al secondo e forse ancora peggiore dei suoi avversari: «Adesso sento parlare di aiuti per le famiglie. Ma nel federalismo ci sono anche gli aiuti per le famiglie. Ci sono già. Chissà, forse Berlusconi non se ne ricorda, o forse li ha messi lì per attirare Casini...» . Ma qui, apriti cielo. «Aver dentro Casini - ringhia - è anche peggio che aver dentro Fini. Quel che vuol fare è trafficare, lui è un trafficone. Comunque, Tremonti me l'ha già detto: "Se viene Casini, io mi dimetto. Non faccio più il ministro"». Bossi ha un soprassalto di irritazione: «Ma ve lo ricordate, quando in Consiglio dei ministri c'era Follini? Tutti i giorni andavamo a riunirci ma alla fine non combinavamo più nulla». Bossi scuote la testa: «No, no... andremo a votare e polverizzeremo questi signori...». Certo, ammette, «la gente si rompe le scatole ad andare a votare ogni momento. Ma la cosa importante da sapere è che comunque con le elezioni il federalismo non si fermerebbe. E dopo il federalismo, il prossimo passo è il decentramento. I ministeri non possono più stare soltanto a Roma». Il capo leghista conclude quasi paterno nei confronti del presidente del Piemonte accanto a lui sul palco: «Con il voto possiamo mandar là persone perbene. Come qui è venuto Roberto Cota. Lui non è un arrivista, è una persona preparata che ha a cuore le vostre cose. Con le elezioni potremo avere a Roma più persone come lui».
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