La Boschi ritorna coi bimbi congolesi

Ventiquattro famiglie ricorderanno la giornata di oggi come la fine di un incubo. Per tante altre, più di cento, è solo un altro giorno di attesa, anche se forse con qualche speranza in più. Lunedì la presidenza del Consiglio aveva annunciato di avere sbloccato le adozioni internazionali dei bambini di origine congolese, ma già formalmente adottati da 24 famiglie italiane, tenute in sospeso dal governo di Kinshasa da otto mesi. Stamattina Maria Elena Boschi, ministro con delega alle politiche per la famiglia, sbarcherà all’aeroporto di Ciampino insieme ai 31 orfani africani adottati dalle famiglie italiane. La disavventura che hanno vissuto ha dei contorni kafkiani: da anni, spesso più di cinque, possiedono l’idoneità all’adozione internazionale.
Dopo un lungo peregrinare tra uffici e carte bollate, un anno fa - ma la tempistica varia da caso a caso - arriva l’agognata notizia: l’abbinamento, cioè l’assegnazione a ciascuna famiglia di uno o più bambini, è arrivato e un tribunale congolese ha approva- to l’adozione. Nel novembre scorso, le 24 famiglie volano a Kinshasa per andare a prendere i bambini, che già portano il cognome dei genitori italiani. Trascorrono tempo con loro in orfanotrofio, se ne occupano anche a livello economico e aspettano solo di chiudere le ultime pratiche per tornare indietro insieme. Il 25 di settembre però il governo congolese, a causa di segnalazioni di abusi e irregolarità, decide di porre una moratoria su tutte le pratiche in corso. Nessuna segnalazione riguarda adozioni italiane. Inoltre, i 31 bambini sono già stati formalmente adottati, per questo la Cai, allora presieduta dal ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, permette alle 24 coppie di andare a Kinshasa e prendere i bambini.
Qui inizia una vera odissea, con i genitori che per due mesi aspettano il nulla osta definitivo. Non arriverà mai. Secondo quanto riportato da alcuni genitori, l’ambasciata italiana in Congo qualifica come "irresponsabile" la scelta di lasciare andare i genitori nonostante la moratoria. Si attiva Kyenge in persona (peraltro di origini congolesi) che promette: "Tutto si risolverà presto". Non è così. L’ex ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino, convoca l’ambasciatore congolese in Italia, ma anche questa mossa si rivela inutile. La situazione a Kinshasa, tra crisi di governo e tentativi di colpo di Stato, non aiuta finché, a gennaio, i genitori sono costretti dalla scadenza del visto a rientrare in Italia.
sulla vicenda cala il silenzio: la commissione adozioni, un ente alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, caldeggia a tutti i genitori in attesa di non parlare con i giornalisti. Chi prova ad avvicinarne una delle coppie, riceve un netto rifiuto perché in molti si convincono che le autorità congolesi abbiano bloccato l’iter per colpa della stampa italiana. La diplomazia lavora alla vicenda fino a che, lunedì, arriva l’annuncio: "Ho appena dato il via libera: un aereo della Repubblica italiana parte per il Congo per riportare i bambini adottati #acasa". A scriverlo è Matteo Renzi sul suo profilo twitter. Ieri arriva anche la nota ufficiale che anticipa lo sbarco di Boschi a Ciampino, insieme alle famiglie. Dato l’alto numero di famiglie coinvolte, fin dall’inizio l’Italia è stata in prima linea per dirimere la questione, ma lo sblocco riguarda molti altri Paesi occidentali. Per la Commissione adozioni però l’intesa è stata "raggiunta dal presidente Renzi con il presidente Kabila" e questo "ha reso possibile il positivo esito di questa vicenda". Ieri le altre famiglie in attesa (le adozioni internazionali tra Italia e Congo già deliberate, ma ancora in via di definizione, sono circa 150) non facevano i salti di gioia.
"Abbiamo appreso della notizia dello sblocco per le 24 coppie che erano già stati in Congo tramite twitter. Siamo felici per loro, ma anche noi non ce la facciamo più ad aspettare. Come loro, abbiamo un figlio che porta già il nostro cognome a Kinshasa da più di anno, ma non sappiamo quando potremo andare a prenderlo", spiega una madre che chiede di rimanere anonima. In un nota diffusa ieri, la Cai si limitava ad un laconico "continueremo a svolgere un costante lavoro per ottenere l’autorizzazione a riportare a casa anche gli altri bambini dati in adozione a famiglie italiane". Oltre alla consueta raccomandazione di "prudenza e discrezione" che, tradotto dal burocratichese, significa "non parlate con la stampa".
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