Bordin line

Il penoso incidente formale fra il prete di Caivano e i prefetti di Caserta e Napoli ha dei precedenti istruttivi nel luogo dove, più che altrove, la forma è sostanza e misura dei rapporti di forza: il processo penale. È un racconto degli anni Ottanta quello che vede Falcone, seduto nel suo ufficio, dire a un mafioso che stava interrogando: "Lei non si deve permettere di chiamarmi Falcone, lei mi deve chiamare 'dottore - o giudice - Falcone'. Perché io qui rappresento lo stato". Giorgio Bocca riportò la storia deducendone che Falcone era pur sempre un meridionale borbonico. Ma i funzionari borbonici non sono passati alla storia per il loro senso dello stato, Falcone sì. C'è poi la variante della cosiddetta differenza di genere. A quale avvocatessa, anche assai nota, non è capitato di sentirsi apostrofare da un teste con un "ascolti, signora"? Giulia Bongiorno è insuperabile nel rispondere con un tono più rattristato che autoaffermativo: "Sono un avvocato". Infine, il siparietto più esilarante si deve a Franco Freda. Alla prima domanda di un pm rispose, con voce assai impostata: "Signore, mi scusi, lei chi è ?". Il poveretto digrignò: "Sono il pubblico ministero", e il nazista veneto lo infilzò con un colpo genialmente goldoniano: "La riverisco".
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