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Un'immagine si ripresenta, quella della Sicilia come "laboratorio politico", un posto cioè dove le formule politiche che vengono sperimentate poi si affermano anche altrove. E' un po' la variante politologica di un atteggiamento molto diffuso a Palermo, dove troverete sempre qualcuno che vi spiegherà che il centrosinistra fu deciso all'hotel "Le Palme" nei primi anni Sessanta e la Repubblica al posto del re in un vertice a Lercara Friddi, presente l'avvocato Guarrasi. Il tema ritorna di attualità ora che le elezioni regionali siciliane saranno di poco precedenti quelle politiche azionali. Meritoriamente coraggioso perciò l'articolo di Francesco Coppola sulla Rivista di Politica in cui si spiega come, al di là delle apparenze, la Sicilia sia stata sempre un mondo politico a parte e che anche la storia recente mostri come, più che ad arditi innovatori, ci si trovi di fronte a una "gabbia di matti (politicamente parlando)" e a una tradizione che confonde facilmente trasversalismo con trasformismo. Se si tratta di un laboratorio, conclude Coppola, è quello del dottor Frankenstein. Analisi impietosa, ma non campata in aria. Il dubbio semmai è se il mostro in provetta abbia da tempo, come la linea della palma, varcato lo Stretto.
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