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L'interrogatorio di Ottaviano Del Turco, svoltosi la settimana scorsa nell'aula del tribunale di Pescara dove si tiene il processo sulla cosiddetta "sanitopoli" abruzzese, non ha riservato colpi di scena. L'imputato ha ribadito la sua totale innocenza fornendo di essa anche qualche riscontro sul fronte delle verifiche delle sue movimentazioni bancarie. L'accusa ha riproposto le sue tesi. Ma non è questo il punto. È emerso con maggiore chiarezza un aspetto più propriamente politico che processuale, ovvero il tentativo della giunta presieduta da Del Turco di modificare strutturalmente le voci del bilancio relative alla sanità e lo scontro con l'organismo di rappresentanza degli imprenditori privati del settore. Scontro tutto giocato sullo slittamento dalla consultazione e concertazione con le parti sociali al loro diritto di veto. "Ho combattuto l'azione di una associazione di categoria che voleva ostacolare l'applicazione da parte della giunta di una legge votata da una assemblea eletta da tutti i cittadini. E per questo sono stato distrutto". Così, nel momento più drammatico dell'interrogatorio, Ottaviano Del Turco ha evocato, da socialista liberale, un tema col quale aveva dovuto fare i conti anche quando fu segretario nazionale aggiunto della Cgil.
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