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Il procuratore aggiunto Ingroia ha una caratteristica peculiare: riesce a passare dalla parte del torto anche quando potrebbe attestarsi su quella più confortevole della ragione. E' il caso del suo commento alla sentenza della Consulta che ha sconfessato il suo operato a proposito delle intercettazioni telefoniche sulla linea del presidente della Repubblica. "Le motivazioni della sentenza modificano e ampliano i poteri costituzionali del presidente", dice il candidato a Palazzo Chigi. "Fuochino", si diceva da bambini quando ci si avvicinava alla risposta dell'indovinello. Infatti per la prima volta da quando esiste, come ha scritto ieri il professore Ainis sul Corriere della Sera, la Consulta "disegna un affresco complessivo del ruolo che la Costituzione affida al Quirinale". Dei poteri del presidente effettivamente la sentenza parla ma non pensa di modificarli. Piuttosto "santifica come scrive Ainis - la 'moral suasion', un potere senza poteri se non quello di innescare i poteri altrui, di farli funzionare". Per la verità nella Carta le due parole inglesi non si trovano, ma il concetto sì e, a meno che non si pensi che tutto quello che non è esplicitamente consentito sia vietato, non si può non tenere conto di una sentenza importante, che passerà alla storia come "sentenza Ingroia". Resta un problema. Secondo Ainis la sentenza è un lascito per i successori di Napolitano, ma "se vorranno esercitare un peso analogo, dovranno anzitutto possederne l'autorità morale". La Costituzione però questo non lo può pesare, se no era una bilancia.
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