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Dalla Rassegna stampa

Il procuratore Caselli, rivangando la sua mancata nomina a procuratore Antimafia, la addebita alla politica che si sarebbe messa in allarme per il processo ad Andreotti che fu il primo e più qualificante atto della sua gestione della procura di Palermo. Senza dubbio fu un punto di svolta, in una direzione nella quale altri, Ingroia in testa, hanno continuato a muoversi. Voleva essere la prova giudiziaria di un perfetto connubio perdurante fra i vertici della politica e quelli della mafia. Il bacio con Riina nel racconto di un pentito aveva questo forte valore simbolico. Agli accusatori in aula toccava il compito di fornire il contesto con un profluvio di testimoni sulla "vera storia d’Italia", come la requisitoria -pubblicata in volume - venne intitolata. L’idea si rivelò velleitaria in corso d’opera. Ci sarebbe voluto Vyshinskij, c’era Scarpinato. Andreotti fu assolto dall’accusa principale. Caselli fa sempre notare che comunque
l’imputato è stato condannato per un reato prescritto. La sua tesi si presta a controversie, ma mettiamo pure sia quella giusta. Andreotti avrebbe incontrato nel 1980 il capomafia Bontate per chiedergli conto del perché alcuni di loro si fossero messi ad ammazzare politici dc e magistrati. Erano gli stessi che poco tempo dopo ammazzarono anche Bontate. Tanto per chiarire che i rapporti fra mafia e politica erano cambiati. L’opposto di quello che il processo voleva dimostrare. Forse tutto ciò non sembrò un buon biglietto da visita per la procura nazionale Antimafia, a prescindere da come la si pensasse su Andreotti.
 

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