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Grande successo, almeno fra gli appassionati, del dibattito a cinque. Un riuscito mix fra le tribune politiche in bianco e nero, "L'eredità" e naturalmente "X Factor". Dunque primarie "uber alles" e con loro il centrosinistra che le fa. Tutto bene, non ci fosse stata ieri sul Corriere della Sera Maria Teresa Meli a ricordare che far votare un candidato premier non ha alcun senso. Al massimo si può parlare di un gioco di ruolo. Per motivi pratici: difficilmente uscirà dalle urne una maggioranza chiara. E per dettato costituzionale: sarà il capo dello stato a dare l'incarico e il Parlamento a votare. Ma è così anche in Inghilterra dove pure c'è l'uninominale, sostiene qualche entusiasta. Vero. Infatti fanno congressi di partito per designare il candidato, mica le primarie come invece in America e in Francia. Le primarie inglesi, riservate agli iscritti, servono per i singoli collegi. Insomma, per dare un senso alle sue primarie il centrosinistra avrebbe dovuto confrontarsi con la riforma istituzionale proposta dal Pdl contestualmente alla riforma elettorale. Non l'ha fatto e il Pdl non gli fa pagare dazio, anzi si adegua e prepara ancor più improbabili primarie, con l'avvocato Samorì nel ruolo di protagonista.
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