Bonino resta al Senato. "E' il modo migliore per aiutare il Lazio"

Emma Bonino ha scelto: rimane al Senato, non si accomoderà tra gli scranni dell`opposizione del consiglio regionale del Lazio. Dopo la sconfitta contro Renata Polverini (Pdl), l`esponente dei Radicali ha dunque deciso di continuare a fare la «vicepresidente dei senatori, e credo sia la cosa più giusta perché così si possono raggiungere obiettivi maggiori e migliori per il Lazio, grazie alla triangolazione tra me e i due consiglieri regionali eletti nella lista Bonino-Pannella».
Per una volta, Emma Bonino non fa eccezione. Perché di candidati sconfitti che preferiscono poltrone diverse da quelle a loro destinate negli enti locali, in Italia ce ne sono molti. Sia chiaro: si tratta di un fenomeno bipartisan, ovviamente. Per dire, sempre nel Lazio Francesco Storace (La Destra, allora in An), giurò che sarebbe rimasto a prescindere dall`esito del voto: poi arrivarono le elezioni, lui fu sconfitto da Piero Marrazzo a inizio aprile 2005, e a fine mese salutò tutti e andò a fare il ministro della Salute. E prima di lui Piero Badaloni (centrosinistra), che nel 2000 perse con Storace e poi si dedicò alla Rai, come corrispondente.
In Campania? Lo stesso. Nel 2005, Italo Bocchino (Pdl, ex An) perse con Bassolino: rimase qualche mese «poi dovevo optare, e optai per il Parlamento». E anche in queste Regionali 2010, oltre alla Bonino, gli
esempi non mancano. In Liguria Sandro Biasotti (Pdl) a marzo perde con Burlando (per la seconda volta) e oggi dice: «Prevedo che farò il parlamentare, il consigliere l`ho già fatto e se scelgo la Camera inLiguria
entra un ragazzo di 29 anni...». I maligni direbbero che per queste scelte c`è un motto preciso, prendi i voti e scappa. Come sempre, però, la politica ha ragioni più complesse.
Emma Bonino, ad esempio, nello spiegare la sua decisione si rivolge direttamente agli elettori, a tutti quelli che l`hanno votata: «Ai cittadini voglio dire che mi assumo completamente la responsabilità degli obiettivi che mi ero data, il rispetto della democrazia, la legalità, il Lazio come regione europea, e però, almeno nella mia valutazione, il modo migliore per conseguirli è questo, puntando sul mio impegno al Senato e su quello degli esponenti Radicali in consiglio».
In realtà nel Lazio c`è una sorta di regolamento che prevede per i candidati alla presidenza sconfitti la permanenza in consiglio regionale tra gli esponenti dell`opposizione: «Pensavo anch`io fosse un vincolo giuridico - dice Bonino - ma si tratta di un`indicazione politica. Del resto, fosse stata una legge regionale sarebbe incostituzionale». In ogni caso, la decisione è presa: Emma Bonino rimane al Senato. Dice, la vicepresidente: «A me adesso preoccupa il fatto che durante la campagna elettorale avevo avuto la sensazione che la battaglia per la legalità fosse diventata una priorità, ma adesso, dopo aver perso grazie al combinato disposto Berlusconi-Bagnasco, ho l`impressione che sia tornata ad essere una battaglia esclusiva dei Radicali».
Sì, ma il suo impegno per il Lazio? «La scelta di rimanere in Senato è dettata da quell`obiettivo, fare ciò che è più utile per il Lazio». Chissà se seguiranno polemiche. A Milano furono consistenti quelle successive alle dimissioni dell`ex prefetto Bruno Ferrante, sconfitto alle Comunali da Letizia Moratti. L`ex candidato sindaco dell`Unione (nel 2007) scrisse una lettera dopo essere stato nominato «Alto commissario contro la corruzione»: «Il mandato è incompatibile con la carica governativa, lascio nella consapevolezza di una scelta non facile». Il centrosinistra inventò (1997) a Milano un altro candidato, Aldo Fumagalli, che dopo la batosta subita da Gabriele Albertini non entrò nel consiglio comunale ma tornò a fare l`imprenditore. Invece un incarico prestigioso sottrasse al consiglio di Bologna l`ex sindaco di centrodestra Giorgio Guazzaloca (pochi mesi dopo la sconfitta con Cofferati, nel 2004): Guazzaloca andò all`Antitrust. Insomma, come si vede, gli esempi non mancano: politici sconfitti nelle sfide per le amministrazioni locali, siano esse Comuni o Regioni, che dopo il voto preferiscono altre destinazioni. E così la scelta di Emma Bonino, per una volta, non fa eccezione.
Per una volta, Emma Bonino non fa eccezione. Perché di candidati sconfitti che preferiscono poltrone diverse da quelle a loro destinate negli enti locali, in Italia ce ne sono molti. Sia chiaro: si tratta di un fenomeno bipartisan, ovviamente. Per dire, sempre nel Lazio Francesco Storace (La Destra, allora in An), giurò che sarebbe rimasto a prescindere dall`esito del voto: poi arrivarono le elezioni, lui fu sconfitto da Piero Marrazzo a inizio aprile 2005, e a fine mese salutò tutti e andò a fare il ministro della Salute. E prima di lui Piero Badaloni (centrosinistra), che nel 2000 perse con Storace e poi si dedicò alla Rai, come corrispondente.
In Campania? Lo stesso. Nel 2005, Italo Bocchino (Pdl, ex An) perse con Bassolino: rimase qualche mese «poi dovevo optare, e optai per il Parlamento». E anche in queste Regionali 2010, oltre alla Bonino, gli
esempi non mancano. In Liguria Sandro Biasotti (Pdl) a marzo perde con Burlando (per la seconda volta) e oggi dice: «Prevedo che farò il parlamentare, il consigliere l`ho già fatto e se scelgo la Camera inLiguria
entra un ragazzo di 29 anni...». I maligni direbbero che per queste scelte c`è un motto preciso, prendi i voti e scappa. Come sempre, però, la politica ha ragioni più complesse.
Emma Bonino, ad esempio, nello spiegare la sua decisione si rivolge direttamente agli elettori, a tutti quelli che l`hanno votata: «Ai cittadini voglio dire che mi assumo completamente la responsabilità degli obiettivi che mi ero data, il rispetto della democrazia, la legalità, il Lazio come regione europea, e però, almeno nella mia valutazione, il modo migliore per conseguirli è questo, puntando sul mio impegno al Senato e su quello degli esponenti Radicali in consiglio».
In realtà nel Lazio c`è una sorta di regolamento che prevede per i candidati alla presidenza sconfitti la permanenza in consiglio regionale tra gli esponenti dell`opposizione: «Pensavo anch`io fosse un vincolo giuridico - dice Bonino - ma si tratta di un`indicazione politica. Del resto, fosse stata una legge regionale sarebbe incostituzionale». In ogni caso, la decisione è presa: Emma Bonino rimane al Senato. Dice, la vicepresidente: «A me adesso preoccupa il fatto che durante la campagna elettorale avevo avuto la sensazione che la battaglia per la legalità fosse diventata una priorità, ma adesso, dopo aver perso grazie al combinato disposto Berlusconi-Bagnasco, ho l`impressione che sia tornata ad essere una battaglia esclusiva dei Radicali».
Sì, ma il suo impegno per il Lazio? «La scelta di rimanere in Senato è dettata da quell`obiettivo, fare ciò che è più utile per il Lazio». Chissà se seguiranno polemiche. A Milano furono consistenti quelle successive alle dimissioni dell`ex prefetto Bruno Ferrante, sconfitto alle Comunali da Letizia Moratti. L`ex candidato sindaco dell`Unione (nel 2007) scrisse una lettera dopo essere stato nominato «Alto commissario contro la corruzione»: «Il mandato è incompatibile con la carica governativa, lascio nella consapevolezza di una scelta non facile». Il centrosinistra inventò (1997) a Milano un altro candidato, Aldo Fumagalli, che dopo la batosta subita da Gabriele Albertini non entrò nel consiglio comunale ma tornò a fare l`imprenditore. Invece un incarico prestigioso sottrasse al consiglio di Bologna l`ex sindaco di centrodestra Giorgio Guazzaloca (pochi mesi dopo la sconfitta con Cofferati, nel 2004): Guazzaloca andò all`Antitrust. Insomma, come si vede, gli esempi non mancano: politici sconfitti nelle sfide per le amministrazioni locali, siano esse Comuni o Regioni, che dopo il voto preferiscono altre destinazioni. E così la scelta di Emma Bonino, per una volta, non fa eccezione.
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