Bonino, l'ora della sconfitta. "Una lunga battaglia ma era una sfida disperata"

Emma Bonino rientra al comitato elettorale di via Ripense quando mancano venti minuti a mezzanotte: un lungo applauso di militanti e sostenitori, facce scure e qualche lacrima di sincera delusione, accoglie la pasionaria radicale ormai battuta. In quello stesso istante il Viminale annuncia il sorpasso di Renata Polverini: a un soffio dalla fine, con 4.440 sezioni scrutinate su un totale di 5.266, la candidata del centrodestra è passata in testa con il 49,83 per cento dei voti rispetto al 49,62 della sfidante, il vantaggio iniziale consumato ora dopo ora sino al ribaltone finale. Il trend positivo improvvisamente travolto dalla valanga di consensi che, a tarda sera, sono cominciati ad affluire dalle province di Latina e Frosinone,
tradizionali roccaforti del Pdl e della Destra.
Fino all’ultimo nel fortino di Trastevere si è sperato nel miracolo, in un colpo di reni proveniente dagli ultimi seggi mancanti a Roma, che ha comunque premiato la vicepresidente del Senato con 113mila preferenze di scarto, come già accadde nel 2005, quando Marrazzo strappò la Pisana a Storace grazie alla risposta della capitale. Stavolta però non è bastato. La Bonino lo sa, ma vuole aspettare. Restano ancora 500 sezioni, troppo poche per invertire un risultato che fa volare al 50,7% l’avversaria già in festa a piazza del Popolo, inchiodando lei al 49,27.11 dato è ormai consolidato.
E’ ora di ammettere la sconfitta. La candidata Emma e con lei i collaboratori più fidati, il responsabile della campagna elettorale Riccardo Milana, il segretario regionale del Pd Alessandro Mazzoli, provato dalla debacle nella sua Viterbo, salgono sul palco del comitato. «Ho appena telefonato alla Polverini per farle i complimenti », esordisce. «E’ stata una lunga cavalcata durante la quale ho imparato molto, ma eravamo partiti da urta situazione disperata. Adesso mi auguro che il tema della legalità e delle regole diventi una priorità per il Paese. Tenendo presente che non è possibile avere un presidente del consiglio che occupa tutti gli spazi possibili e immaginabili». E’ finita, gli applausi sono caldi e sinceri. «Grazie a tuttì», ripete.
Mentre, dauna finestra del piano di sopra, parte lo sberleffo: una bandiera del Pdl sventola nel buio sulle note di "Meno male che Silvio c’è" cantato a squarciagola.
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