Bonino contro La Russa "Tutta colpa di un errore nelle regole d’ingaggio"

Dalla Rassegna stampa

Sulla vicenda dei marò «quelli che oggi si agitano tanto, sono proprio all’origine del caso» ha detto ieri il ministro degli Esteri Emma Bonino, «perché Salvatore Girone e Massimiliano Latorre si trovavano a bordo del mercantile in virtù di un decreto che prevedeva la presenza di militari su navi civili, senza stabilire per bene la linea di comando». Ignazio La Russa, ex ministro della Difesa nel governo (Berlusconi) che prese quelle decisioni si è ovviamente riconosciuto tra «quelli che si agitano tanto» (l’ultima manifestazione pro marò di Fratelli d’Italia, di cui La Russa è oggi leader, è solo di qualche giorno fa, a Milano, con tanto di «visita» urlante al consolato indiano) e ne è nata una polemica in cui mezzo centrodestra dava dell’«incompetente» al ministro degli Esteri. Il tema tuttavia è noto almeno da quei fatti del febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala, a bordo della Enrica Lexie. Perché è da allora che i giornali evidenziano le incongruenze giuridiche che avvolgono i due marò come in una morsa. Regole d’ingaggio che equiparano i militari italiani a semplici guardie giurate, a «contractor»; e catena decisionale, prevista dalla convenzione tra Difesa e associazione degli armatori, per la quale i militari italiani a bordo sono di fatto «ufficiali di polizia giudiziaria limitatamente alla repressione di un attacco di pirata, ferme restando per il resto le attribuzioni del Comandante della nave». Un passaggio non secondario, perché come si ricorderà la Enrica Lexie tornò in porto e i marò scesero a terra, dove vennero subito arrestati in ma do da esser sottoposti alla giustizia indiana e non a quella italiana come avrebbe dovuto essere, per precisa disposizione del Comandante, e dunque dell’armatore: il ministero della Difesa, a quanto se ne sa, fu solo informato. Dunque, le basi del pasticciacelo stan tutte in due documenti: il decreto legge del 12 luglio 2011, che rende possibile imbarcare militari italiani su navi civili, e la convenzione che la Difesa e la Confitarma firmano pochi mesi dopo, l’11 ottobre.

Alle spalle, una forte polemica che aveva opposto l’allora ministro degli Esteri Franco Frattini all’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa. Frattini, magistrato di formazione e con alle spalle una vita nelle funzioni pubbliche, aveva avvertito il collega che premeva perché sulle navi mercantili fossero imbarcati militari, e non semplici guardie armate: se succede qualcosa, poi ci andrà di mezzo tutto lo Stato italiano, perché i militari rappresentano lo Stato italiano. Le fonti, all’epoca, raccontarono che Ignazio La Russa riflettè su quell’argomento. Ma poi accantonò i dubbi, e ruppe gli indugi: il governo Berlusconi prese la decisione. «Un grave errore politico» disse Lorenzo Forcieri, che da sottosegretario alla Difesa del governo Prodi contribuì a creare apposite regole di ingaggio per la missione in Libano del 2006, «io quando me lo proposero dissi di no, non si possono equiparare i nostri militari ai contractor privati, le conseguenze adesso le pagano i due marò». Per non dire che l’Italia è l’unico Paese occidentale che l’ha reso possibile.

 

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