Bonino candidata di tutti ma nel Pd tregua armata

Finisce quasi all`unanimità, con appena quattro astenuti , quattro cattolici irriducibili e tuttavia ridotti all`astensione. Ma è un classico voto bulgaro, quello della direzione del Pd che ieri sera ha dato il definitivo via libera alla candidatura di Emma Bonino, dopo che invece dal palco se le sono suonate di santa ragione. Un segretario di un prestigioso circolo si dimette, un giovane rivendica «la dignità di un partito del 30% che non deve correre dietro a uno del 2». La cattolica Silvia Costa si astiene, ma scuote la testa tutto il tempo. «Emma è una gagliarda combattente per la legalità», dice alla fine Roberto Morassut a nome della minoranza, «facciamola fino in fondo la battaglia sulla legalità, tanto più se ci sarà Emma, contro Alemanno e contro la Polverini, che come prima cosa ha voluto con sé Fazzone (l`onnipotente senatore di Fondi dove l`amministrazione è stata infiltrata dalle mafie, ndr)». I franceschiniani per ultimi si sono convinti, ben dopo i cattolici della realpolltik, rapidi ad acconciarsi a sostenere una candidata radicale perché «in grado di riacciuffare quel voto della borghesia che per la prima volta ha votato a destre per il Campidoglio», come spiega l`ex dc Lucio D`Ubaldo. Le parole di Morassut arrivano dopo poco l`inizio della tesissima e attesissima riunione che l`ex assessore Giovanni Hermanin vorrebbe persino a porte chiuse. E che inizia un`ora in ritardo proprio perché la minoranza si è chiusa in conclave in una stanza per decidere la linea. Alla fine è un sì che accoglie la relazione del giovane segretario regionale Alessandro Mazzoli, che ha proposto Bonino come «una candidata per vincere» e alla versione di Nicola Zingaretti, «con lei e con i nostri uomini». Ma è un sì che è contemporaneamente un no differito a Bersani: significa che lo scontro non è sul prestigioso nome di Bonino né ormai sulle primarie (Lo capiamo anche noi che ormai non c`è tempo», dice Morassut) ma sulla gestione Bersani, che ha «centralizzato» la trattativa sulle regionali, «perso la bussola», portato «a sbattere il partito e poi cambiato direzione», «ha derubricato persino la linea politica con cui ha vinto il congresso», cioè l`allargamento dell`alleanza all`Udc, che non è riuscita nel Lazio e sta saltando in Puglia. Nel Pd, dunque, la resa dei conti è rimandata a dopo le regionali. Del resto è anche il suggerimento che a franceschiniani e mariniani ha dato Goffredo Bettini, l`inventore del modello Roma stavolta nei panni dell`ispiratore della candidatura Bonino (era metà ottobre dell`anno scorso), e che pure domenica scorsa ha sferrato dal Riformista un attacco pesantissimo a Bersani. Bettini ha parlato poi con la stessa candidata, che potrebbe preparare una `lettera di intenti` destinata ai circoli, che si riuniranno il 24 gennaio. Sabato prossimo invece è convocata l`assemblea regionale del Pd, che dovrà «ufficializzare» e «formalizzare» la decisione di ieri: ratificarla, in sostanza. Ma questo è il finale sofferto fino a tarda serata, dopo una giornata lunghissima che era iniziata al Nazareno alle 9 e 30 con l`incontro fra la delegazione radicale (Bonino, Pannella, Cappato e Staderini) e i vertici Pd: Bersani, Maurizio Migliavacca e Enrico Letta. Va tutto bene: anche perché mezz`ora prima nell`ufficio di Bersani è salito Antonio Di Pietro e ha deposto le minacce di correre solo assicurando l`intenzione di «costruire una coalizione per l`oggi e per il domani insieme a quelle delle altre formazioni politiche ed associazioni della società che vogliono lavorare con noi». Bonino, quindi, esce più che soddisfatta: Bersani ha confermato il suo sostegno, «mi sembra davvero un nuovo inizio possibile». Quanto alle condizioni che ponevano i radicali - cioè una consultazione su tutte le regioni, quasi una non-condizione - la risposta «è positiva», quindi «ci sono anche le condizioni perché si crei un dato di entusiasmo in cui convergano esigenze ed urgenze della stragrande maggioranza degli italiani come è stato sulle grandi vittorie civili. E non parlo solo di divorzio ed aborto ma di vittoria contro il finanziamento pubblico ai partiti e per la politica trasparente». Piuttosto sono le condizioni del Pd, quelle che preoccupano. Ma se ne parla nella riunione del pomeriggio, stavolta a Torre Argentina, alla sede dei radicali, dove vanno Mazzoli e Migliavacca, e stavolta Pannella non c`è. Un primo «incontro positivo», dirà poi Mazzoli. Ma ora Emma dovrà farsi carico di rimettere insieme la coalizione sfilacciata del centrosinistra. Un sondaggio di Crespi la dà vincente su Polverini, ma è questione di un soffio, e lo dice anche lei, «la strada non è in discesa». La coalizione ancora non c`è: al momento il Prc di Ferrero è lontanissimo, più possibilisti sono quelli di Sinistra ecologia e libertà, anche se la decisione appare subordinata alla conclusione dello scontro con il Pd per la corsa di Nichi Vendola in Puglia. Peraltro non è un mistero che fra Bonino e Vendola non scorrano fiumi di miele. Altra questione, quella del comitato elettorale «a direzione Pd con personalità forti» che dovrà affiancare la candidata. Il Pd ne chiede la guida, per recuperare dice Mazzoli, «la forza e il ruolo del nostro partito». Bonino può vincere, è una «sollecitazione sul piano culturale», «non un problema ma una sfida». Infine il programma. Negli interventi in molti chiedono attenzione per il lavoro della giunta uscente, «che non è stata un fallimento al di là della vicenda di Marrazzo». Emma, dice Morassut, è forte ma ha dei punti scoperti evidenti: “Non lasciamo la parola famiglie alla Polverini, e dico famiglie non nel senso tradizionale ma intendendo quelle di tutte le culture e orientamenti. Non lasciamo sole le organizzazioni sindacali.”
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