Boni (Lega): se fossi la Minetti mi dimetterei

La Lega prende le distanze da Nicole Minetti. Lo fa con il presidente del consiglio regionale, Davide Boni. Parole prudenti, ma contenuto chiarissimo: «Le dimissioni? È una decisione che spetta solo a lei. Io, al di là del mio ruolo di presidente del consiglio regionale, sono un uomo di partito, per cui toglierei dall’imbarazzo il mio partito». Lo ha detto ai microfoni di Radio 24, dopo la richiesta di dimissioni da parte del Pd.
I distinguo della Lega. Le richieste reiterate del Pd di dimissioni. E le accuse dei radicali: «Nicole Minetti fu inserita nel listino bloccato di Formigoni con modalità illegali dopo un vertice ad Arcore tra Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e il presidente della regione Lombardia», dice Marco Cappato che ieri ha presentato in Tribunale una memoria. La richiesta è arrivata sul tavolo di Alfredo Robledo: indagare sulle presunte irregolarità della raccolta firme per la presentazione della Minetti, e sulla «catena di comando» che ha gestito la vicenda. «È entrata in lista con modalità illegali», continua Cappato, secondo il quale la Minetti sarebbe entrata nella lista il 25 febbraio «all’ultimo momento, visto che il 27 scadevano i termini». Un ingresso «concordato in due vertici ad Arcore del 23 e 24 febbraio alla presenza di Bossi e Formigoni». Ma circa duemila delle quasi quattromila firme di sostegno «erano state raccolte dal 13 al 23 febbraio». Replica il coordinamento regionale del Pdl: «Come ha dichiarato l’avvocato Luca Giuliante, le date di accettazione dei candidati portano la data del 19 febbraio. A quella data la lista "Perla Lombardia" era da considerarsi già chiusa».
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