Blair, la presidenza europea s'allontana

Il momento culmine sarà domani sera a cena, a margine del vertice. Nel quadro un po´ meno formale offerto dall´occasione conviviale, i capi di governo europei cominceranno infatti a valutare i nomi per riempire le due nuove super-poltrone previste dal Trattato di Lisbona. Il Trattato non è ancora in vigore, visto che il presidente ceco, Vaclav Klaus, continua a fare resistenza passiva, spalleggiato dalla sua Corte Costituzionale che ha rinviato al 3 novembre la decisione sull´ammissibilità di un ricorso contro Lisbona presentato da alcuni senatori cechi.
La discussione alla cena del vertice che si apre domani sarà dunque sia sulle eventuali concessioni da fare a Klaus, sia sulle personalità da nominare al posto di Presidente dell´Unione europea e di Alto rappresentante per la politica estera, che avrà anche il ruolo di vicepresidente della Commissione.
Berlusconi sarà l´unico assente, viste le sue precarie condizioni di salute, e verrà rappresentato dal ministro degli esteri Frattini. Tuttavia il capo del governo italiano ha già dichiarato pubblicamente il suo sostegno alla candidatura di Tony Blair, suo alleato nell´appoggio all´invasione dell´Iraq che spaccò l´Europa, per la carica di presidente dell´Unione.
La vittoria di Blair, però, non è affatto scontata. Il suo impegno nella guerra in Iraq non è dimenticato, e tra un po´ l´ex premier britannico dovrà rendere conto di fronte a una commissione di inchiesta del Regno Unito della sua affermazione che Saddam disponesse di mezzi di distruzione di massa.
Inoltre i governi del Benelux non perdonano il fatto che proprio lui (sempre con Berlusconi) mise il veto alla nomina del premier belga Verhofstadt (considerato troppo europeista) alla guida della Commissione dopo Prodi. Infine, come gli ha rinfacciato ieri il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, Blair viene da un Paese che ha rifiutato sia la moneta unica, sia gli accordi sulla libera circolazione, ed è persino svincolato dall´osservanza della Carta dei diritti fondamentali: le uniche conquiste europee degli ultimi anni. Senza contare che i conservatori britannici, probabili vincitori delle elezioni l´anno prossimo, lo vedono come il fumo negli occhi e considererebbero la sua nomina una provocazione.
La debolezza di Blair riapre così il valzer delle candidature. Ieri proprio Juncker, in una intervista a Le Monde, ha lasciato intendere di aspirare all´incarico. Contro di lui peserebbe però l´ostilità di Sarkozy, di cui criticò l´attivismo al culmine della crisi finanziaria sotto presidenza francese. Un altro nome che circola con discrezione è quello del primo ministro olandese Jean Peter Balkenende, benvisto sia a Parigi sia a Berlino, e forse non sgradito a Londra. In pista da tempo ci sono infine l´ex primo ministro spagnolo Felipe Gonzales, socialista, e l´ex premier finlandese Paavo Lipponen, pure socialista.
Ma la nomina del presidente dell´Unione deve essere politicamente e geograficamente equilibrata con quella dell´Alto rappresentante e con quella del presidente della Commissione, dove è stato appena confermato il conservatore portoghese Barroso (Ppe).
La logica politica vorrebbe che almeno una delle due poltrone ancora da assegnare andasse a un socialista. Blair, almeno nominalmente, lo è. Così come Gonzales, che però sarebbe il secondo iberico, insieme con Barroso, alla guida dell´Unione. Se invece la presidenza andasse ad un popolare, come Juncker, o Balkenende, o l´ex cancelliere austriaco Schussel, il posto di capo della diplomazia europea dovrebbe andare a un socialista.
In questo caso potrebbe spianarsi la strada per il ministro degli Esteri britannico David Milliband, giovane e rampante, che proprio l´altro ieri rivendicava la necessità che Londra «abbracci e diriga la politica estera europea». La sua nomina potrebbe compensare la delusione inglese per una bocciatura di Blair. Oppure potrebbe rispuntare in questo ruolo il nome di Lipponen.
La discussione comunque resterà a livello informale, a causa della mancata firma del presidente ceco.
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