Bizzarrie e credibilità

Le immagini del bizzarro e improvvisato colloquio al G-8 fra Berlusconi e Obama indicano un nuovo record nella scala delle stravaganze politiche. È significativo lo sguardo perplesso del presidente degli Stati Uniti che ascolta l'interprete senza sapere bene cosa rispondere al premier italiano.
Quest'ultimo lo ha appena costretto ad alzarsi dal tavolo a cui aveva già preso posto per informarlo che «in Italia si è stabilita quasi una dittatura dei giudici di sinistra». «Left judges...» traduce l'interprete. Tutto ciò insiste Berlusconi nel silenzio del suo interlocutore - rende necessaria la riforma della giustizia (di cui peraltro si parla da anni senza costrutto).
Che senso ha un simile siparietto? Probabilmente è solo il riflesso del forte stress a cui è sottoposto il presidente del Consiglio. Il quale si trova in Normandia, ma preferirebbe essere in Italia. Non tanto per parlare a Milano in favore di Letizia Moratti, visto che ha deciso di non pensare troppo a quello che sta per capitare nella città-simbolo del berlusconismo; quanto per tamponare la frana politica che sta già scivolando a valle, ineluttabile come le valanghe nella stagione del disgelo.
Berlusconi sa benissimo che da lunedì sera nulla sarà più come prima. Da un lato la Lega, dall'altro le varie cordate di scontenti che si stanno organizzando nel Pdl: una tenaglia molto scomoda che si stringe intorno a una leadership attonita, quasi imbalsamata; senza dubbio incapace di recuperare una sicura rotta. Tanto più che qualcuno nel centrodestra sembra giocare a perdere, forse perché pensa così di spalancare la strada verso un vero riequilibrio dei rapporti di forza. O più precisamente un altro governo.
Quando il ministro leghista Calderoli riapre la questione dei ministeri al Nord, e addirittura minaccia lo sciopero fiscale a due giorni dai ballottaggi, è legittimo il sospetto che abbia già abbandonato al suo destino il sindaco Moratti e si preoccupi solo di raccogliere munizioni per la resa dei conti successiva. C'è una base leghista infuriata e Calderoli serve la pietanza idonea a sfamarla. Con un argomento che, a prenderlo alla lettera, è esplosivo: citare la famosa frase dei ribelli americani («no taxation without representation»), significa evocare di nuovo il separatismo, alludere al fatto che i lombardi devono sentirsi «rappresentati» come entità autonoma. Altrimenti niente tasse al governo «coloniale»...
Da martedì, se sarà sconfitto al secondo turno, Berlusconi avrà bisogno di molta forza politica per resistere alla pressione dei suoi; alleati. Ed e per questo forse che ha dato vita a quello strano dialogo a senso unico con Obama. Un presidente che non ama il premier italiano, come tutti sanno. Ma che deve qualcosa all'Italia (l'impegno in Afghanistan e ora la missione militare in Libia). Quindi Berlusconi si è sentito in diritto di coinvolgerlo. Immaginando, certo, che le telecamere non avrebbero colto le parole. Invece è accaduto.
Ora si può dubitare che il nostro presidente del Consiglio abbia recuperato le simpatie della Casa Bianca con il surreale accenno alle sue disavventure giudiziarie. È probabile che Obama continuerà a considerarlo un leader sul viale del tramonto. Da rispettare formalmente, non c'è dubbio, ma sul quale non fare troppo affidamento. Del resto, il presidente degli Stati Uniti non fa mistero di avere già in Italia un interlocutore che si chiama Giorgio Napolitano.
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